Siria, l’Onu ratifica “obtorto collo” la tregua ottenuta da Russia e Turchia

1 Gen 2017 12:18 - di Guglielmo Gatti

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha finalmente adottato una risoluzione a supporto degli sforzi di Russia e Turchia per porre fine alla violenza in Siria e per dare un forte impulso ai negoziati di pace. La risoluzione è stata approvata all’unanimità e chiede anche la distribuzione “rapida, sicura e senza ostacoli” di aiuti umanitari in tutta la Siria. Inoltre afferma di attendere un incontro tra esponenti del governo siriano e rappresentanti dell’opposizione ad Astana, capitale del Kazakistan, entro gennaio. Il Palazzo di Vetro, visti inutili i suoi sforzi per rovesciare il legittimo presidente siriano Bashar Assad, non ha avuto altra scelta che quella di ratificare la tregua proposta da Mosca e Ankara per proteggere le popolazioni colpite dal conflitto scatenato dai terroristi dell’Isis e da altre formazione islamiche foraggiate anche da Paesi occidentali. Nonostante isolate violazioni da parte dei terroristi islamici, sembra tenere la tregua entrata in vigore dalla mezzanotte scorsa in tutta la Siria, secondo fonti degli attivisti. L’Osservatorio nazionale per i diritti umani afferma che nelle prime nove ore non sono state registrate vittime, anche se combattimenti di portata limitata sono segnalati nelle province di Hama, nell’ovest di quella di Aleppo e in due località vicine a Damasco. L’agenzia turca Anadolu riferisce che jet russi hanno compiuto tre raid contro obiettivi dello Stato islamico vicini alla città di Al Bab, a nord di Aleppo e 30 chilometri a sud della frontiera con la Turchia, dove le truppe di Ankara e ribelli siriani suoi alleati combattono contro l’Isis. La tregua non riguarda le organizzazioni riconosciute come terroristiche dall’Onu: lo Stato islamico e i qaedisti del Fronte al Nusra, che recentemente ha cambiato il suo nome in Fronte Fatah al Sham.

La tregua annunciata in Siria non ha precedenti

 

Non è certo la prima delle tregue annunciate, ma l’accordo reso noto in queste ore per una cessazione delle ostilità in Siria non ha precedenti. Sia perché riguarda tutto il Paese, sia perché i fautori e garanti dell’intesa – Russia, Turchia e Iran – sono quelli che offrono il maggiore sostegno, dal punto di vista militare, al legittimo governo siriano nella sua resistenza al golpe islamista. Il governo e diverse formazioni terroriste islamiche hanno firmato un accordo per la fine dei combattimenti alla mezzanotte di ieri e le parti si impegnano anche a partecipare a negoziati su una soluzione politica del conflitto. Non è chiaro quando tali trattative dovrebbero cominciare, ma una copia del documento reso pubblico dagli insorti parla di una convocazione “entro un mese” dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. Resta dunque l’incertezza se l’appuntamento sarà convocato prima o dopo il passaggio di consegne alla Casa Bianca tra il presidente Barack Obama e Donald Trump. Ma incerto resta anche il peso che Washington potrà effettivamente avere nelle trattative. Il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha detto che all’appuntamento sarà invitato l’Egitto e, a seguire, Arabia Saudita, Qatar, Iraq, Giordania, e “un rappresentante dell’Onu”. Tutti quelli, insomma, che non sembrano avere avuto un ruolo centrale nell’accordo annunciato oggi personalmente dal capo del Cremlino, Vladimir Putin, dopo giorni di intense trattative con la Turchia. Mosca ha reso noto che per il secondo giorno consecutivo la sua ambasciata a Damasco è stata raggiunta da colpi di mortaio sparati da zone ribelli. Il proiettile d’obice è esploso provocando limitati danni, mentre quello di ieri era rimasto inesploso. Gli accordi annunciati oggi, ha sottolineato Putin, “sono fragili e hanno bisogno di pazienza e attenzioni particolari”. Tra i sette gruppi armati ribelli che aderiscono alla tregua, secondo informazioni del ministero della Difesa russo, i più importanti sono Ahrar al-Sham e Jaish al Islam, entrambi su posizioni fondamentaliste. I miliziani che dovranno fare tacere le armi sarebbero oltre 50mila. Parte di loro, tuttavia, sono schierati in regioni in cui è forte anche la presenza di Fatah al Sham. Altro elemento di incertezza è la sorte che verrà riservata alle milizie curde dell’Ypg, che controllano buona parte del nord della Siria lungo il confine con la Turchia e che, con l’appoggio americano, sono in prima linea nell’avanzata su Raqqa, la capitale dell’Isis in Siria. Ankara li considera anch’essi “terroristi” perché legati ai separatisti del Pkk in Turchia.

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