Terrorismo, Roberti lancia l’allarme: «C’è scarsa collaborazione in Europa»

21 Dic 2016 9:59 - di Giorgia Castelli

L’allarme terrorismo c’è sempre. «Il rischio attentati viene considerato sempre. Anche se l’attenzione dei media arriva solo dopo un attentato attuato in qualche Paese europeo. Devo dire che, in Italia, abbiamo un sistema di intelligence che lavora con professionalità». Franco Roberti, procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo intervistato dal Mattino illustra la situazione in Italia. Il 2 dicembre scorso l’Europol lanciò un allarme in Europa sul pericolo di attentati islamici eseguiti con autobombe. Ma «fu un allarme molto vago e assai generico. Sia nel riferimento ai Paesi cui si rivolgeva la segnalazione sia sugli elementi che portavano a questa convinzione».

Terrorismo, l’allarme lanciato da Roberti

I limiti nella prevenzione, spiega, «riguardano essenzialmente la carenza informativa che spesso esiste nei rapporti tra le intelligence dei diversi Paesi europei. Non è sufficiente ancora la circolazione di informazioni. E lo verifichiamo di continuo nelle nostre indagini». Roberti si riferisce «alla necessità di ottenere in maniera tempestiva e certa notizie sui flussi di finanziamento che arrivano alle associazioni terroristiche. È lo snodo fondamentale, per poter verificare ipotesi su circolazioni sospette di denaro che si ipotizzano vadano a finanziare i gruppi terroristici islamici in attività in Europa e fuori il continente europeo». Il web e la sua analisi, puntualizza, «sono fondamentali in un sistema che, proprio attraverso la Rete, riesce a reclutare adepti e a trasmettersi input di azione e di organizzazione. Oltre al web, però, rimane importante anche l’attività investigativa sul territorio».

L’importanza della prevenzione

«L’unico modo per arginare il rischio terroristico e di attentati resta la prevenzione. La raccolta di informazioni. Naturalmente, ci sono sempre margini di imprevedibilità, legati a fidelizzazioni rapide e a decisioni di azione lampo». Sul piano repressivo, aggiunge, esiste «un problema di armonizzazione delle decisioni giurisprudenziali sul territorio nazionale. Ne è convinta anche la Procura generale della Cassazione che, con il nostro pieno sostegno, sta cercando di dettare delle regole interpretative comuni su alcune fattispecie».

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