Gli amanti diabolici, i sospetti e i silenzi dell’ospedale di Saronno

1 Dic 2016 9:50 - di Bianca Conte

In molti al Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno sospettavano che qualcosa di strano avvenisse in quelle corsie. Diversi medici e infermieri temevano il peggio, ma (quasi) tutti hanno taciuto: degli orrori perpetrati nel silenzio, lontano da sguardi indiscreti ma, in qualche modo, sotto gli occhi di ch, con quei degenti in cura, la cui situazione precipitava da un momento all’altro, avevano a che fare.

Il Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno

Gli anziani malati che arrivavano al Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno e si affidavano alle terapie del dottor Leonardo Cazzaniga speravano di ricevere cure amorevoli quando sentivano scorrere dentro di sé l’effetto di quei farmaci: e invece stavano morendo. Lentamente. Inesorabilmente. “L’angelo della morte” aveva appena fornito loro il suo cocktail di farmaci. Letale. Una sorta di anestesia con dosi di morfina che i consulenti hanno accertato essere dieci volte superiori al consentito. Questo avveniva nel Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno. Questo, in molti, avevano il dubbio., il sospetto, che avvenisse in quelle stanze del dolore trasfromate in luoghi di morte anziché di cura e guarigione. Lascia sgomenti la vicenda che ha come protagonista il 60enne medico anestesista arrestato con l’accusa di aver ucciso volontariamente almeno quattro pazienti tra il febbraio 2012 e l’aprile del 2013 (e l’inchiesta, proprio in queste ore, sembra allargarsi ad altri, inquietanti casi). Attraverso un cocktail di sedativi e anestetici (il “protocollo Cazzaniga”) lui – che in un’intercettazione si definisce “l’angelo della morte” – non solo addormentava i suoi pazienti, ma dava loro una morte dolce, o almeno, così leggeva e traduceva le sue folli gesta omicidiarie.

Sospetti sull’“angelo della morte”: denunce e silenzi

Secondo quanto dicono a mezza bocca o lasciano intendere tra le righe all’ospedale di Saronno (nessuno vuole esporsi in prima persona, quanto meno non esplicitamente), il dottor Cazzaniga e la sua compagna Laura Taroni erano riusciti a creare intorno a sé un clima «di paura e omertà»: un incredibile atmosfera di timore e morte, soggezione psicologica e terrore revrenziale, che oggi l’inchiesta sta ricostruendo ed evidenziando. Non a caso, secondo quanto trapela, descritto nei corridoi dell’ospedale come un uomo dal carattere polemico, Cazzaniga aveva avuto problemi con più di un collaboratore. Al punto che due infermieri avevano sporto denuncia nei suoi confronti, uno alla Direzione sanitaria, l’altro ai Carabinieri. Nessuno però aveva mai apertamente parlato del “protocollo Cazzaniga” da cui varato e sperimentato a più riprese. Hanno ammesso di esserne a conoscenza solo dopo che è scoppiato lo scandalo. Hanno detto agli investigatori che in ospedale erano in molti a sapere, sia tra i medici sia tra gli infermieri, di quanto accadeva “dietro le quinte” di quel tragico scenario fatto di paura e morte. Un metodo creato personalmente dal medico per trattare pazienti da lui ritenuti privi di aspettativa di vita.

Il terribile “protocollo Cazzaniga”

«Ho sentito personalmente il medico parlare del suo protocollo, non fa mistero di avere una sua visione del trattamento da riservare a quei pazienti – testimonia agli inquirenti un infermiere –. Una volta ho sentito Cazzaniga dire ad un collega oncologo che se aveva bisogno di posti letto passava da lui in reparto»… E lo stesso, inqueitante, tenore di affermazioni, come si legge nelle carte, viene sostanzialmenteribadito anche da altri infermieri sentiti. Tra loro, anche il primo che segnalò l’operato del medico alla sua diretta superiore: «Alcune volte ho sentito il Cazzaniga dire al personale del 118 che telefonava per preannunciare l’arrivo di un paziente in codice giallo o rosso: va bene, inviatelo e io applicherò il mio protocollo». Un protocollo ora al centro di un’intricata inchiesta, partita nel 2013, nell’ambito della quale sta emergendo come Cazzaniga sarebbe responsabile anche della morte del marito della sua compagna. Sarebbe stato lui (in carcere da ieri come lei) ad indicarle i farmaci giusti per ucciderlo lentamente, giorno dopo giorno. «Il protocollo – si legge nella carte – consisteva nella sistematica e deliberata somministrazione di anestetici e sedativi in dosaggi e combinazioni tali da provocare o accelerare il decesso». E un’infermiera ha testimoniato di aver sentito Cazzaniga commentare in questi termini di fronte all’arrivo di un paziente: «Questo? È un paziente perfetto da sottoporre al mio protocollo»… 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  • Asenath 27 Gennaio 2020

    Quello che fa abbastanza schifo in tutto questo è l’omertà mafiosa dentro quell’ospedale. Quella è un vero orrore, potevano anche impedire quelle morti tutti quelli che sapevano. Mi chiedo chi sia il vero criminale