Terremoto, gli sfollati negli hotel: stiamo bene, ma ci manca casa nostra

23 Nov 2016 15:16 - di Redazione

L’ex Istituto Curzi di San Benedetto del Tronto è il centro vitale di quanti hanno perso casa dopo il terremoto del 24 agosto e del 30 ottobre. Qui fanno capo tutti i terremotati di Arquata, Amatrice, Accumoli che ora vivono sulla costa Adriatica, per lo più in hotel e bungalow, ma anche in abitazioni private.

Terremoto, la vita degli sfollati

Si tratta spesso appartamenti di proprietà un tempo destinati solo alle vacanze, o presi in affitto approfittando del contributo per l’autonoma sistemazione. Ma all’istituto Curzi si incontrano tutte le vittime del terremoto, si abbracciano, a volte fra qualche lacrima. La Protezione civile accoglie gli sfollati, li censisce e distribuisce quanto necessario alla vita di tutti i giorni. Ovunque sono affissi avvisi con i numeri di telefono del medico di base e del farmacista. La Regione Lazio ha aperto qui uno Sportello per i cittadini, il Comune di Accumoli un ufficio Delegazione di San Benedetto del Tronto.

«Stiamo bene ma ci manca casa»

«A San Benedetto stiamo bene, ci mancherebbe altro, ci assistono, ci confortano, ma tornare di tanto in tanto fra la nostra gente, a vedere come procedono le cose, ci fa bene, anche se si riaprono ferite che comunque mai si chiuderanno». Fanno il possibile gli operatori del Centro d’ascolto e servizi alla persona, gestito da quattro associazioni, Intersos, Psy onlus, 180 Amici dell’Aquila e il Gruppo umana solidarietà. In questo contesto è stata organizzata una partita di calcio: una selezione Accumoli-Amatrice affronterà il 29 novembre nel campo Ciarrocchi una selezione di migranti. L’incasso andrà a favore dei bambini colpiti dal terremoto. Per lo più al Centro si presentano i pensionati: figli e nipoti sono al lavoro o a scuola, partono in bus al mattino per le aziende del Reatino e tornano la sera. E il dramma degli anziani è ancora più grande. «Mi mancano casa mia, uscire per fare la spesa, cucinare qualcosa, rammendare una vestaglia. Per chi come me ora vive in albergo – dice una signora di Accumoli – il tempo è scandito dai pasti, colazione, pranzo e cena. Per il resto non sappiamo che fare se non chiacchierare fra noi al piano basso dell’hotel, e alla fine si parla sempre della stessa cosa: del terremoto e della voglia di tornare alla nostra vita di prima, anche se sappiamo che sarà difficilissimo».

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