Tredicenne accoltellato. Il cardinal Sepe: la scuola non basta, serve la repressione

9 Ott 2016 11:59 - di Adele Sirocchi

“Non credo che da sola l’istituzione scolastica possa cambiare la realtà delle cose. Benché sia una lodevole iniziativa, non nascondo di avere qualche perplessità anche per quanto riguarda le scuole aperte di pomeriggio. Ci vuole dell’altro”, compresa la repressione. Ne è convinto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, intervistato dal Mattino sul caso della rissa tra adolescenti iniziata a scuola e finita in strada con un accoltellamento. Parole significative che mettono il dito sulla piaga: bullismo, devianze, violenze e comportamenti di depravazione che coinvolgono sempre più spesso i minori non sono atteggiamenti destinati a scomparire puntando solo sulla persuasione e sull’educazione, anche l’aspetto della repressione è necessario perché agisce sia come deterrente sia come esempio rispetto a una società sempre più insicura.

“Qui a Napoli purtroppo – continua il cardinale – si ignora il mercato e l’uso infantile delle armi che personalmente denuncio da tempo senza riscontro”. E poi “entrano in gioco diverse responsabilità con un risultato comune: l’abbandono dei ragazzi a se stessi. Se nessuno se ne occupa è molto facile che, soprattutto in certe condizioni sociali ed economiche, prendano ad esempio falsi modelli e cedano alle lusinghe di una camorra senza leader e senza regole”. La scuola da sola non basta, ma prima di arrivare a un istituto di rieducazione bisogna “coinvolgere” tutti. Le famiglie, le istituzioni, le forze dell’ordine, la chiesa di Napoli, la scuola: “Se non decidiamo di lavorare insieme sul serio sarà molto difficile invertire la rotta”.

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