Referendum, il Tar del Lazio rigetta il ricorso. Ma la partita è ancora aperta
Inammissibile per difetto di giurisdizione. Con questa motivazione il Tar del Lazio ha rigettato il ricorso presentato da M5S e Sinistra italiana contro il quesito del referendum. In pratica, per i giudici amministrativi, il testo non andava impugnato davanti a loro, ma davanti «all’Ufficio centrale per il Referendum, che può rivolgersi alla Corte costituzionale».
Le motivazioni del Tar
«Considerata l’urgenza di dare una risposta definitiva alla questione, il Tar non si è limitato alla richiesta cautelare e ha definito il merito della controversia, dichiarando l’inammissibilità del ricorso per difetto assoluto di giurisdizione», spiegano ancora i giudici amministrativi, aggiungendo che «l’individuazione del quesito contestato è riconducibile alle ordinanze adottate dall’Ufficio Centrale per il Referendum istituito presso la Corte di Cassazione ed è stato successivamente recepito dal Presidente della Repubblica nel decreto impugnato. La sentenza ritiene che sia le ordinanze dell’Ufficio Centrale per il Referendum sia il decreto presidenziale, nella parte in cui recepisce il quesito, sono espressione di un ruolo di garanzia, nella prospettiva della tutela generale dell’ordinamento, e si caratterizzano per la loro assoluta neutralità, che li sottrae al sindacato giurisdizionale». «Eventuali questioni di costituzionalità della legge sul referendum (la n. 352 del 1970), relative alla predeterminazione per legge del quesito e alla sua formulazione – è dunque la conclusione del Tar del Lazio – sono di competenza dell’Ufficio centrale per il referendum, che può rivolgersi alla Corte costituzionale».
Il costituzionalista: «Pronuncia prevedibile»
Per i costituzionalisti si tratta di un pronunciamento «prevedibile», proprio perché «un tribunale amministrativo non è il luogo adatto per tentare di aggredire una decisione che proviene da un organo della Cassazione, l’Ufficio centrale per i referendum». A spiegarlo è stato, in particolare, il costituzionalista Massimo Siclari, chiarendo che nell’azione intrapresa da M5S e Sinistra italiana «sono sbagliate la strada e la procedura». «Altra cosa sarebbe stato chiedere alla stessa Cassazione di riesaminare il quesito prospettando dei dubbi di legittimità e dei profili non convincenti», ha proseguito il costituzionalista.
La partita sul referendum non è chiusa
E proprio in Cassazione ora «si sposta la battaglia sul referendum». A spiegarlo è il Codacons, con una nota in cui ricorda anche il proprio ricorso pendente presso la Consulta: sia presso l’ufficio centrale «cui ci siamo rivolti con istanza di correzione del quesito», sia presso le Sezioni Unite, «cui abbiamo proposto ricorso per eccesso di giurisdizione». «Attendiamo che fissino udienza urgente di comparizione delle parti», fa sapere il presidente dell’associazione dei consumatori, Carlo Rienzi, aggiungendo che il Codacons stanno già valutando se proporre appello al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar, visto che «almeno per quel che riguarda i compiti del Presidente della Repubblica e della Presidenza del Consiglio i due organi hanno illegittimamente omesso di verificare l’erroneità del quesito rispetto alla formulazione voluta dalla legge». Inoltre, resta ancora pendente anche il ricorso del presidente emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, che a sua volta ha presentato ricorso, sia al Tar sia al Tribunale civile di Milano, chiedendo però il rinvio della questione proprio alla Corte Costituzionale.