Viva i populisti. E se toccasse a loro a salvare l’Europa e la nostra libertà?
La vogliamo dire tutta? Quest’Europa non regge più. E poco serve alla sua causa che l’ambasciatore di Obama a Roma, John Philips, metta il suo abusivo zampino nel nostro referendum. Così come non serve la mobilitazione della grande stampa nazionale accorsa a mettere una pezza sulla terribile gaffe diplomatica travestendola da preoccupazione di un «mondo globalizzato e interdipendente» per la stabilità di un partner, l’Italia appunto, geopoliticamente immerso in un Mediterraneo senza pace. Paroloni vuoti, utili solo a fare da paravento alla vera paura che oggi attanaglia un Occidente privo di vera leadership e completamente infeudato fin dentro i suoi organismi politici e burocratici da interessi finanziari senza volto e senza patria: la reazione in atto dei popoli verso questa idea informe e gelatinosa dell’Europa che li rende giorno dopo giorno più poveri e più insicuri.
La Brexit non ha insegnato nulla all’establishment
La Brexit non ha insegnato niente. E c’è ancora un esercito di beoti pronti a giurare che il progetto Erasmus ben valga l’invasione delle nostre città da parte di africani e mediorientali. Abbiamo ancora davanti agli occhi l’immagine del corpicino del siriano Aylan restituito dalle onde, ma non ne abbiamo neppure una dei tanti bambini francesi falciati come birilli da un terrorista islamista sul lungomare di Nizza. Segno inconfondibile che qualcuno bara di brutto anche sui sentimenti e mira a colpevolizzare l’Europa per tutti i mali del mondo quando dovrebbe essere chiaro che è dalla fine dell’ultima guerra che il Vecchio Continente ha cessato di essere il forno privilegiato della storia. Siamo come nobili decaduti e affogati da debiti. Per manutenere il palazzo dei nostri antichi privilegi abbiamo delegato all’alleato americano la nostra sicurezza, senza disdegnare più di tanto le sbarre del bipolarismo internazionale Usa-Urss. E quando questo è finito, per l’implosione del comunismo realizzato, eravamo talmente ebbri della storiella della “fine della storia” da pretendere di creare una moneta unica senza agganciarla ad una politica comune. Un disastro che è la vera ragione della crisi dell’euro e dei debiti sovrani. Prova ne sia che mentre tutti conoscono il nome di Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, quasi nessuno sa quello del capo del governo Ue, Jean Claude Juncker.
Rivedere i trattati istitutivi dell’Europa
Ecco, lo spettro populista che si aggira per l’Europa, pardon per il mondo (c’è anche Donald Trump), e che tanto spaventa l’establishment altro non è se non la reazione della politica alle spire asfissianti dei poteri irresposabili e delle buro-tecnocrazie sovranazionali. Ci sarà pure un motivo se persino la disciplinata e virtuosa Germania è costretta a fare i conti con una crisi di rigetto popolare che rischia di scalzare frau Merkel dal Cancellierato. E se l’insoddisfazione fa capolino nella locomotiva d’Europa, figuriamoci se possono pasteggiare a champagne i passeggeri dei vagoni di coda. In realtà, i populisti esistono perché l’Europa attuale è una tigre di cartapesta che dissemina ingiustizie e paure. Rivederne i trattati istitutivi è l’unica strada da imboccare se si vuole evitare che i roghi circoscritti di oggi si trasformino nell’indomabile incendio di domani.