È stato il baby killer del film di Michele Santoro a guidare la rivolta nel carcere

8 Set 2016 11:42 - di Guglielmo Federici

Nei guai il piccolo animatore della rivolta nel carcere minorile. «Mariano, il baby killer della camorra, che viene  intervistato nel docufilm di Michele Santoro presentato a Venezia, dal titolo “Robinù”, è anche uno dei protagonisti della rivolta che è scoppiata nel carcere minorile di Airola». Lo sottolinea, in una nota, Ciro Auricchio, segretario campano dell’Uspp (Unione Sindacati Polizia Penitenziaria). «Il cosiddetto “giovane detenuto” in questione – dice ancora Auricchio – appartenente a un clan di Ponticelli, esalta nel trailer pubblicato il suo stato criminale, manifestando disprezzo verso le istituzioni e forze dell’ordine. Dalle sue dichiarazioni trapela l’assenza di qualsiasi ravvedimento rispetto ai crimini commessi, aggiunge Auricchio, secondo il quale, oltre a denunciare la concomitanza, rileva come «questi soggetti vanificano i processi di riabilitazione degli altri minorenni ospitati nelle strutture penali minorili».

Le parole nel film di Michele Santoro

“Robinù” fa parlare infatti i baby boss della camorra che con una sincerità che fa acccapponare la pelle si confessano in prima persona. Le loro parole sono un cazzotto nello stomaco. «O’ kalash è a cosa chiù bella», dice il piccolo criminale in uno dei passaggi del docufilm di Michele Santoro. Tutti hanno 17, 18 anni, anche meno. I loro discepoli 13, 14. Sono quelli che hanno animato la cosiddetta “paranza dei bambini”. Per loro fare i malavitosi ha significato diventare, da niente, tutto: capi, modelli, maestri di vita.

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