Vogliono dormire nelle roulotte i discendenti di chi combatté a Lepanto
Accampati vicino alle loro case, anche in roulotte (e qualcuno dorme ancora in auto a nove giorni dal sisma), pochi hanno deciso di andare nelle tendopoli tra gli abitanti di Spelonga, il paese sul Tronto famoso per aver dato un centinaio di combattenti alla Battaglia di Lepanto (1571), anche se qualcuno afferma fossero molti di più. A Spelonga il terremoto ha battuto proprio per la festa che in estate ricorda la battaglia, la Festa Bella. Il paese non ha avuto vittime, ma gli edifici sono lesionati e ci sono strade interdette. Tuttavia, a dire dei residenti, in diverse case si potrebbe ritornare, ma ancora non è stata data loro alcuna autorizzazione e devono rimanere fuori. Si sono accampati in terreni e giardini. O in roulotte, appunto. Sembra che la collina in riva destra del Tronto, più rocciosa, abbia sopportato meglio il sisma anche se nella strada di avvicinamento si trovano vecchi edifici lesionati.
Erano a Lepanto un centinaio di spelongani
(Le notizie che seguono sono tratta dal sito www.spelonga.it) Secondo la tradizione, alla battaglia di Lepanto parteciparono anche un centinaio di spelongani e si narra che si impossessassero di un vessillo sventolante su una nave turca che riportarono in patria come straordinario cimelio di partecipazione e di vittoria. Proprio nella chiesa parrocchiale di Spelonga è conservata, una bandiera (un drappo di stoffa rossa con tre mezzelune con al centro una stella gialla) che si ritiene provenga proprio da quella battaglia; la tradizione orale a cui si fa riferimento, narra inoltre che un eroe spelongano di nome Carlo Toscano, strappata la bandiera la riportò sino a Spelonga, addirittura ancora macchiata di sangue. Lo storico ascolano Francesco Fabiani, formula l’ipotesi che gli spelongani facessero parte di un contingente di circa cinquecento uomini ingaggiati dai veneziani e partiti col capitano ascolano Guido Guiderocchi «il quale mentre si allontanava da Ascoli alla testa delle sue truppe rimase ferito in un banale incidente e qualche giorno dopo, cioè il 28 marzo 1571 moriva. È da presumere che i fanti, guidati dagli altri ufficiali, abbiano proseguito il viaggio per raggiungere la loro destinazione e, se non tutti, un certo numero può aver partecipato alla grande giornata». Qualunque sia l’ipotesi più attendibile che possa colmare questa lacuna storica, la memoria della battaglia di Lepanto, tramandata nei secoli di generazione in generazione fra gli spelongani resta comunque a testimoniare l’importanza che ha rappresentato nella vita di una comunità montana devota alla religiosità della battaglia stessa; con il medesimo fervore religioso, nato da questa vittoria sui turchi, nasce a Spelonga la Confraternita del Santo Rosario, la quale ha mantenuto viva la memoria di quegli eventi giunti fino a noi nella rievocazione storica di una festa tanto sentita.