Amor che nullo amato… la letteratura si scopre sentimentale e romantica
Gli editori lo ripetono da anni: sono i gialli a “tirare” di più, seguiti dal genere fantasy. Ma questa tendenza di fondo non ha messo del tutto in ombra la letteratura introspettiva che si cimenta col tema dell’amore come ricerca, crescita e maturazione. Sono le case editrici minori che hanno il coraggio di inserire in catalogo testi di questo tipo. E’ il caso di Avagliano, che ha dato alle stampe di recente il romanzo L’età bianca di Alessandro Moscè. Ed è anche il caso di Mimesis che ha pubblicato un singolare diario amoroso, Solo l’amore, di Laurence Plazenet, ambientato nella Francia del XVII secolo.
L’età bianca, il romanzo di Moscè, è il seguito in qualche modo del suo romanzo d’esordio, Il talento della malattia (sempre edito da Avagliano) che racconta l’inaspettata guarigione da un raro sarcoma grazie all’amore per il calcio, per la Lazio, per un campione dalla dirompente personalità come Giorgio Chinaglia. In questo romanzo sopraggiungono i tormenti dell’adolescenza (l’età “bianca” perché pura, innocente, perché, come cantava Guccini, “a vent’anni è tutto ancora intero”) e viene registrato un difficile percorso di immersione nella vita attraverso il dialogo e il rapporto con Elena, la ragazza amata e della quale al tempo stesso si ha paura. Un viaggio nei luoghi del cuore dell’autore: Senigallia, Fabriano, Assisi, l’incontro con Mario Luzi. La paura di concedersi ad un amore totale è la stessa che hanno gli adolescenti di affrontare l’esistenza reale, di guardare in faccia il proprio destino, di fare delle scelte. Riuscire a confessare ad Elena i propri tormenti, la propria inquietudine, le difficoltà di essere “sopravvissuto” ad una malattia dai medici giudicata inguaribile, segna il punto di approdo di una relazione amorosa in parte vera e in parte simbolica e fa al tempo stesso di questa protagonista femminile una sorta di musa che accompagna l’autore nell’avventura della vita.
Nelle pagine di Solo l’amore di Laurence Plazenet, ricercatrice e docente alla Sorbona con la vocazione di fare la scrittrice fin da quando aveva cinque anni, la dimensione autobiografica è superata. Qui è l’esercizio di stile a dominare, attraverso una raffinata scrittura che coglie l’intensità dell’innamoramento della giovane allieva, Mademoiselle d’Albrecht, verso il precettore Agustìn Ramon y Cordoba. E’ un amore totalizzante e distruttivo, un vortice nel quale i protagonisti alla fine vengono risucchiati e perduti. Come in molti testi classici, Solo l’amore mostra la quotidiana lotta tra ragionevolezza e passione e il progressivo prevalere di quest’ultima, a volte concepita come una “grazia” particolare ed esclusiva a volte come una condanna. E, nel romanzo, troviamo anche una convincente spiegazione del fine più alto della letteratura: “Si desidera essere letti per trasmettere il brivido che scuote un testo quando la sua bellezza o la sua capacità di evocare la musica oltrepassano la soglia abituale”. Una bellezza che si avverte nelle pagine del romanzo si avverte