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Nell’inferno socialista del Venezuela torna addirittura la malaria

Nell’inferno socialista del Venezuela torna addirittura la malaria

Home livello 3 - di Redazione - 17 Agosto 2016 - AGGIORNATO 17 Agosto 2016 alle 14:40

Ci hanno messo vent’anni il dottor Arnoldo Gabaldon e il chimico italiano Ettore Mazzarri. Uno curava il piano d’assistenza agli infermi e l’altro spargeva il «Ddt» su tutto il territorio della Repubblica. Quando hanno finito, nel 1961, il Venezuela era diventato il primo Paese al mondo a sradicare la malaria. Veniva preso come esempio da Europa, Stati Uniti e Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), si legge su “la Stampa“.

Fu un italiano a debellare la malaria in Venezuela

Oggi, meno di vent’anni dopo la morte di entrambi questi scienziati, la crisi economica, il degrado politico e il cambiamento climatico hanno riportato in vita un morbo che a suo tempo decimò la popolazione, che si è già trasformato in epidemia e che ora si candida pure a diventare un’emergenza nazionale. Nel report 2015 emesso dalla sede di Caracas dell’Oms, quello che in spagnolo viene detto «paludismo» è ancora tra le cause di morte meno diffuse in assoluto. Accanto alla classifica, però, c’è un asterisco che dice: «I dati per la malaria risalgono al 2012». È l’anno in cui il «Ministero del Potere Popolare per la Salute» ha smesso di pubblicarne le statistiche.

Malaria in Venezuela: 200 mila infermi all’anno

A maggio, il quotidiano locale El Nacional citava un bollettino epidemiológico mai divenuto pubblico, secondo cui «i casi registrati nelle prime 14 settimane del 2016 sono già 54 mila. Il 52% in più che lo stesso periodo del 2015». Il dottor Juan Castro è professore all’Istituto di Medicina Tropicale dell’Università Centrale del Venezuela. Dice che in realtà la situazione è più grave: «Circa 20 mila nuovi infermi ogni settimana e arriveranno a 200 mila entro fine anno». Il motivo è che «dal 2005 a oggi non c’è stata alcuna politica di controllo dei vettori». Si riferisce alle zanzare e a un’economia socialista fondata sul petrolio che, col greggio in ascesa, ma ancora sotto i 50 dollari il barile, fatica a far arrivare cibo e medicine alla cittadinanza. L’80% degli ammalati proviene da un solo municipio: Sifontes, Stato Bolívar. Qui, nelle giungle al confine con la Guyana, brucia la febbre dell’oro venezuelana.

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17 Agosto 2016 - AGGIORNATO 17 Agosto 2016 alle 14:40