Referendum e “Italicum”, nel Pd si allarga il fronte del dissenso a Renzi
Slittamento e “spacchettamento”? No, grazie. Matteo Renzi, costretto a rinfoderare il suo tentativo di “spariglio” sul referendum, tenta di fare di necessità virtù fingendo di voler procedere a tappe forzate. Ma il carro delle riforme resta bloccato sotto il peso dell’Italicum, la legge elettorale. Renzi non sa come uscirne: se resta com’è, rischia di fare un regalo al M5S; se lo cambia, ammette di averne paura. Il premier, insomma, si è cacciato in un vicolo cieco come ha ben capito la minoranza del Pd, non a caso ora più baldanzosa e sicura. In molti – Cuperlo, ma anche lo stesso Bersani, l’ex-capogruppo Speranza – ormai non fanno mistero di subordinare il loro voto al quesito referendario alla modifica dell’Italicum. O Renzi apre al premio di coalizione oppure – avvertono – si schiereranno per il “No”.
D’Alema: «l’Italicum è un pasticcio»
Fa capitolo a sé Massimo D’Alema, impegnato in un corpo a corpo con Renzi proprio sulla legge elettorale. Per l’ex-premier solo l’affossamento delle riforme costituzionali al referendum garantisce il varo di una nuova legge elettorale. «Se vincesse il no – è il ragionamento reso da D’Alema nel corso dell’intervista ad Agorà Estate su RaiTre – al referendum saremmo costretti a rivedere una legge elettorale pericolosa, pasticciata, incostituzionale come l’Italicum e quindi potremmo cercare di fare una legge migliore». In caso contrario – avverte – «non c’è nessuna garanzia che poi si faccia la riforma».
Forza Italia: «Prioritario sconfiggere il premier»
Sul fronte del centrodestra, l’opposizione al combinato disposto riforme costituzionali-Italicum non è da meno. In un tweet il capogruppo “azzurro” a Montecitorio, Renato Brunetta, ha rivendicato alla «ferma posizione» di Forza Italia, definita «giuridicamente marmorea» l’ipotesi “spacchettamento”, il cui unico obiettivo sarebbe consistito nel depotenziamento politico del referendum «così da non far saltare per aria il premier». Getta innvece lo sguardo oltre il referendum Maurizio Gasparri, per il quale la consultazione popolare deve servire a «mandare a casa Renzi» e a «tenere unito» il centrodestra. «In questo contesto – ha infatti spiegato il vicepresidente del Senato – dopo il “No” scelte separate tra FI e i suoi alleati sono inimmaginabili».