La Gran Bretagna “processa” Blair per la guerra in Iraq a Saddam Hussein
Ci sono voluti anni di attese e rinvii. Ma oggi sono state rese pubbliche le conclusioni del Rapporto della Commissione indipendente d’inchiesta Iraq Inquiry guidata da sir John Chilcot che inchioda alle sue responsabilità Tony Blair per le bugie e i segreti che spianarono la strada alla partecipazione britannica al fianco degli Usa nell’invasione dell’Iraq nel 2003.
L’inchiesta – 2,6 milioni di parole, 150.000 documenti analizzati, assunzione di prove da oltre 150 testimoni per un costo di 10 milioni di sterline – imbarazza l’establishment britannico, oltre a coinvolgere pesantemente il primo ministro dell’epoca, Blair. Che fu in prima fila al fianco dell’allora presidente degli Usa, George W. Bush, nel guidare quella operazione militare e nel giustificarla con l’asserito possesso di armi di distruzione di massa da parte di Baghdad.
Le conclusioni a cui giunge la Commissione sono che «l’azione militare contro Saddam Hussein non era l’ultima opzione», che «gli Usa e la Gran Bretagna minarono l’autorità dell’Onu», che la «certezza di Blair sul possesso di armi da parte di Saddam era ingiustificata» e che, quindi, «nel marzo 2003 non c’era una minaccia imminente di Saddam Hussein» contro l’Occidente.
In definitiva, secondo la Commissione presieduta da sir John Chilcot, il conflitto in Iraq è stato basato su dati di intelligence «imperfetti» e portato avanti con una progettazione «totalmente inadeguata» anche perché le circostanze con cui venne stabilita una base legale per la guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein erano «lungi dall’essere soddisfacenti».
I contraccolpi di quella decisione, secondo sir John Chilcot, le sta scontando, oggi tutto il Regno Unito. Tony Blair era stato avvertito sulle conseguenze che avrebbe avuto un guerra in Iraq, a partire dalle nuove minacce terroristiche da parte di Al Qaeda contro il Regno Unito, sostiene sir Chilcot aggiungendo anche che l’allora premier era a conoscenza del rischio che alcune armi finissero nelle mani dei terroristi in Medio Oriente.
Non c’è voluto molto perché Blair ribattesse a queste accuse.
Blair ha detto di aver preso la decisione di entrare in guerra contro l’Iraq nel 2003 «in buona fede» e in quello che riteneva «essere il miglior interesse del paese», sottolineando, comunque che il rapporto della Chilcot Inquiry non ha individuato un «uso improprio o una falsificazione dell’intelligence né è emersa una «conclusione» sulla base legale per l’intervento militare, che era stata già stabilita il 13 marzo 2003.
Andare in guerra in Iraq, dice l’ex-primo ministro britannico, è stata «la decisione più dolorosa che io abbia mai preso. Ma il mondo è un posto migliore senza Saddam Hussein».
Blair, tuttavia, che non crede che il conflitto sia stato una causa del terrorismo che vediamo oggi nel Medio Oriente e nel mondo, non sembra per nulla intimorito dalle accuse che gli piovono addosso. E ha fatto sapere alla Bbc che intende assumersi la piena responsabilità per ogni errore commesso nella guerra in Iraq «senza eccezioni o scuse».
Tutt’oggi Blair resta comunque convinto che «era meglio rimuovere Saddam Hussein».
Scende in sua difesa David Cameron il quale, intervenendo alla Camera dei Comuni, ammette: «ci sono importanti lezioni da imparare», sottolineando che un intervento militare deve essere l’ultima opzione ma anche che dal rapporto non emerge che ci fosse la volontà di «ingannare i cittadini» da parte del governo di Tony Blair.
Se da un lato, dice Cameron, tutti i deputati che hanno votato per la guerra in Iraq si devono assumere la loro «parte di responsabilità», d’altra parte «non possiamo però – avverte Cameron con uno slancio di pragmatismo – portare indietro le lancette dell’orologio».
Fu «un atto di aggressione militare lanciato in base a un falso pretesto», attacca il leader del Labour Jeremy Corbyn secondo il quale l’attacco fu «illegale» e si poteva, comunque, evitare.
Nei mesi scorsi Blair era stato sentito due volte dalla stessa Commissione e aveva ammesso errori di valutazione, senza tuttavia chiedere scusa né rinnegare quella guerra insistendo, invece, sul fatto che le armi di distruzione di massa, anche se non furono trovate, avrebbero potuto essere sviluppate dal regime di Baghdad. Quanto al caos post-bellico in Iraq, questo è dovuto, secondo l’impostazione difensiva di Blair, alle sole interferenze dell’Iran e di al Qaida.