Modello Roma o modello Milano? Il centrodestra guarda al futuro

6 Giu 2016 17:08 - di Niccolo Silvestri

Il dilemma, per il centrodestra, era già apparso in tutta la sua lacerante evidenza quando è partita la campagna elettorale: modello Roma o modello Milano? Nella capitale, causa anche una sequela infinita di equivoci, errori e qualche furbizia di troppo, la coalizione si è presentata divisa con il blocco FdI-An e “Noi con Salvini” da un lato e Forza Italia, civiche e Lista Storace dall’altra. Risultato: Giorgia Meloni ha quasi doppiato Alfio Marchini, ma non è arrivata al ballottaggio. Altra musica all’ombra della Madonnina: qui la coalizione si è presentata a ranghi compattissima, arruolando persino il Ncd di Angelino Alfano a sostegno di Stefano Parisi che è arrivato al ballottaggio distanziato di un niente dal supefavorito Giuseppe Sala, il candidato del Pd. alla luce di quanto è accaduto, la risposta su quale tipo di modello segare dovrebbe essere facile.

Rampelli: «La Meloni è il nuovo punto di riferimento»

Ma, a volte, la politica deve complicare per semplificare. E questo spiega la nota dettata alle agenzie da Fabio Rampelli,  per il quale «il nuovo centrodestra è nato e ha come punto di riferimento Giorgia Meloni». A Roma – spiega il capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio – «Fdi è al 13 per cento mentre la lista civica Con Giorgia è al 3,9. Si tratta di 180mila voti contro i 60mila di tre anni fa. Abbiamo triplicato i voti, avvicinando la destra ai suoi livelli storici». Da qui il suo appello a Berlusconi: «Faccia autocritica, convergere su Marchini è stato un orrore capitale». Più articolata l’analisi di Paolo Romani, per il quale il modello, invece, è quello che ha portato Parisi al ballottaggio. Il capogruppo forzista al Senato parte dalla constatazione che il sistema elettorale in vigore disegna un bipolarismo smentito dai fatti. I poli, infatti ora sono tre per cui – avverte – «ogni confronto con precedenti votazioni è viziato». In ogni caso – argomenta Romani – «il centrodestra ha dimostrato di essere ancora fortemente competitivo quando è unito e il suo volto è moderato e concreto». Nessun dubbio per l’esponente berlusconiano su quale debba essere il modello di riferimento: «Per essere nuovamente una valida alternativa al governo Renzi, deve essere quello di Milano: un’ampia coalizione con l’asse al centro e uno straordinario candidato a sindaco come Stefano Parisi». Il riferimento a Parisi lascia intendere che anche Forza Italia si rende ormai conto che il centrodestra ha anche un problema di leadership.

E, sulla leadership, Forza Italia “apre” alla successione

E che non sia una “voce dal sen fuggita” ma un dato su cui Forza Italia sta riflettendo, lo dimostrano le parole di Renato Brunetta, il presidente dei deputati forzisti. «Il centrodestra – afferma – quando è unito vince o è competitivo mentre se è disunito perde rovinosamente come a Roma». E il leader? Deve «essere scelto dagli elettori e non nelle secrete stanze». Una novità non da poco se si pensa che solo fino a ieri, in quel partito, parlare di leadership senza riferirla a Berlusconi era praticamente tabù. Non è moltissimo. Ma si può dire che questa nuova consapevolezza rende certamente meno drammatica la scelta tra Roma e Milano.

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