La minaccia di Renzi: “Resto sino al 2023”. Ma il referendum fa paura

1 Giu 2016 7:59 - di Redazione

Renzi si aggrappa a Milano; «Segniamo questo calcio di rigore: è una città troppo bella per finire dall’altra parte». Poi si prenota per sette anni: «Introdurremo il principio anglosassone dei due soli mandati e io conto di arrivare al massimo a febbraio 2023. Dopo sarò libero cittadino, io devo cambiare il Paese e non un ufficio», si legge su “Il Giornale“.

Renzi aveva promesso che sarebbe venuto a Milano e mantiene la parola

Al posto di «Luci a San Siro» di Roberto Vecchioni intonano una più tradizionale «O mia bela Madunina». I tre tenori – Matteo Renzi, Giuliano Pisapia e Beppe Sala – vanno sull’usato sicuro. Meglio non sperimentare troppo e dimenticare le contaminazioni color arancione alla vigilia di elezioni apparentemente in discesa, e invece sempre più insidiose. Del resto anche il candidato sindaco esce dagli armadi della tradizione ambrosiana e, come tutti sanno, è stato direttore generale del Comune ai tempi di Letizia Moratti.

A Milano centrodestra e centrosinistra sono alla pari

«Milano – attacca il premier – è una città viva, energica, dinamica». E ancora: «Sapete chi ha salvato la festa di Expo? I milanesi che sono scesi in piazza con i pennelli e le scope». Era il 3 maggio 2015. E ora? «Milano – insiste il capo del governo – è una città troppo bella e troppo forte per farla diventare preda di operazioni politiche, anche molto serie, dall’altra parte». Dove, per operazioni politiche, s’intende la ricomposizione del centrodestra che a Roma è esploso ma qui si è ricompattato e, sondaggi alla mano, è testa a testa con il centrosinistra di Sala. Il premier prosegue confezionando una galleria di spot: «Questa partita che dobbiamo vincere è come un calcio di rigore che dovete tirare per bene. Chi si intende di calcio sa che un calcio di rigore lo puoi solo sbagliare tu, ma se lo tfri bene il portiere non può pararlo». Insomma, il presidente del consiglio cerca di esorcizzare la paura. Sala lo segue a ruota e si butta sul dialetto: «Noi siamo la grande Milano e gli altri una banda di mal-trà-insema», che poi vuoi dire male assortiti. È il momento di mostrare i denti e Renzi affila i suoi: «Alla Lega voglio dire che la loro politica estera è stata portare diamanti in Tanzania e comprare lauree in Albania».

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