Firenze, salvato dalla prescrizione il capogruppo (condannato) del Pd

23 Giu 2016 18:43 - di Paolo Lami

Era stato condannato a 3 anni e 9 mesi di reclusione. Ma lo ha salvato la prescrizione. Deve ringraziare i tempi lunghi della giustizia Alberto Formigli, ex-capogruppo del Pd al Consiglio Comunale di Firenze quando Matteo Renzi era presidente della Provincia.
La seconda sezione penale della Corte d’appello di Firenze ha, infatti, dichiarato estinti «per intervenuta prescrizione» tutti i reati riconosciuti in primo grado a 19 imputati, fra cui, appunto, anche Formigli, che erano stati condannati a pene variabili da 6 mesi a 5 anni nel processo sui presunti favoritismi che una società di progettazione, Quadra, avrebbe ricevuto dal settore urbanistico del Comune di Firenze tra il 2007 e il 2009..
La Corte, presieduta dal giudice Alessandro Nencini, ha anche respinto l’impugnazione del pm che chiedeva l’associazione a delinquere. Confermata invece anche l’assoluzione per Massimo Bianchi per insussistenza del fatto.
Rideterminate anche le pene pecuniarie che erano state inflitte a tre società, la più alta passa da 175 mila a 91 mila euro. Gli imputati dovranno invece sostenere, in solido tra loro, il pagamento delle spese processuali in favore del Comune di Firenze (3.000 euro) mentre il solo Riccardo Bartoloni, ex-presidente dell’ordine degli architetti di Firenze, dovrà sostenere le spese processuali in favore del consiglio stesso per 2.500 euro.
In primo grado Bartoloni era stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione. Il giudice ha anche ordinato il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto dell’immobile sequestrato il 28 gennaio 2009 nel corso dell’inchiesta. Per l’accusa, tra il 2007 e il 2009, la società Quadra avrebbe praticamente monopolizzato l’edilizia privata a Firenze. Formigli, che era stato anche presidente della Commissione urbanistica del Comune di Firenze, era accusato di essere un socio occulto. Tra le accuse c’erano, tra altri, i reati di abuso edilizio e corruzione.
Secondo i magistrati c’era stata una «frenetica attività, costellata da comportamenti illeciti» e la «disinvolta falsificazione di atti e documenti». Durissime le toghe erano state con la Commissione d’inchiesta voluta da Matteo Renzi che era divenuto sindaco di Firenze. La Commissione, avevano stigmatizzato i magistrati, si è limitata a farsi illustrare le pratiche senza valutare la loro conformità alle norme e, perciò, il suo apporto probatorio si è rivelato privo di qualsiasi rilevanza.

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