Il 54 per cento dei francesi favorevole alla tortura per far parlare i terroristi

21 Giu 2016 14:15 - di Paolo Lami

Oltre un francese su due è favorevole all’uso della tortura per far parlare i terroristi: è quanto emerge da un sondaggio realizzato dall’Ifop per l’Acat, l’Action des chrétiens pour l’abolition de la torture, che mette in luce «la crescente indulgenza dell’opinione pubblica francese rispetto alle torture di Stato» dopo gli attentati del 13 novembre.
In particolare, secondo il sondaggio condotto nell’aprile 2016 su un campione di 1.500 persone rappresentative della popolazione francese maggiorenni, oltre il 54 per cento degli abitanti della cosiddetta «Patria dei diritti umani» ritiene legittimo che un agente di polizia possa colpire con «scariche elettriche» un qualsiasi individuo sospettato, ad esempio, di aver depositato una bomba pronta ad esplodere per indurlo a parlare. Segno dei tempi: nel 2000, i francesi a dirsi favorevoli a questo genere di pratiche erano appena il 34 per cento.
Il 45 per cento degli intervistati ritiene che la tortura è uno strumento efficace nel prevenire gli atti di terrorismo e di ottenere informazioni affidabili mentre il 18 per cento degli intervistati ha dichiarato che prenderebbe in considerazione l’idea di torturare personalmente un terrorista, percentuale che sale al 40 per cento fra i sostenitori del Front National.
L’Acat, sconvolta dal risultato del sondaggio, ha, a quel punto, chiesto a Michel Terestchenko – filosofo e politologo – di analizzare i questi risultati. E il politologo è stato costretto ad ammettere che, guardando i risultati del sondaggio, si ha la sensazione che vi è una «crescente tolleranza della tortura».
Lo studio si è concentrato su tre aree principali: la conoscenza e l’informazione sulla tortura, l’accettabilità di diversi tipi di tortura e il sentimento personale rispetto all’uso della tortura. Nel 2000, Amnesty International aveva commissionato uno studio simile e alcune domande sono state ripetute poiché vi erano stati gli attentati dell’11 settembre 2001 e, più recentemente, gli attentati di Madrid, nel 2004, Londra, nel 2005, Parigi, nel 2015, e Bruxelles nel 2016.
A quali parole e a quali idee associate la tortura? è stato chiesto agli intervistati. C’è chi ha replicato con parole come “inumana”, “barbarie”, “sofferenza”, “dolore”. Ma, in molti, hanno risposto una frase che ha gelato il sangue ai ricercatori: «un male necessario».
Il risultato del sondaggio va a riaprire vecchie, dolorose, ferite nella Francia che ritiene di essere la culla del diritto e della fratellanza. E manda in frantumi il comodo sogno in cui i francesi si erano infantilmente cullati per anni. Che, cioè, dall’Algeria in poi, da quando l’Esercito francese durante la guerra 1954-1962 che porto l’Algeria all’indipendenza, usò indiscriminatamente la tortura per vessare un popolo che null’altro chiedeva se non la propria libertà.

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