Renzi rivendica il Maggio Musicale, ma non cita Pavolini che lo inventò

13 Mag 2016 15:41 - di Antonio Pannullo

Matteo Renzi ieri a Porta a porta a un certo punto ha rivendicato con (giusto) orgoglio il Maggio Musicale Fiorentino, che si svolge a Firenze dal 1933. Ma non ha citato colui che lo istituì, l’allora ministro della Cultura popolare, il suo concittadino Alessandro Pavolini. Come dire: da Pavolini a Franceschini. E sì, perché Pavolini, da federale di Firenze, oltre ad aver realizzato l’autostra Firenze-Mare, la stazione di Santa Maria Novella, fondato la rivista letteraria Il Bargello, istituì anche il prestigiosissimo Maggio Musicale Fiorentino, affindandone la direzione al compisotre e direttore d’orchestra VIttorio GUi. Nell’istituzione dell’evento, non va dimenticato un altro fiorentino illustre, federale del partito fascista prima di Pavolini, pluridecorato della Grande Guerra: Luigi Ridolfi Vay da Verrazzano, mecenate nel campo delle arti e dello sport, fondatore, oltre che del Maggio Musicale Fiorentino, dell’Associazione Calcio  Fiorentina nel 1926. Inoltre edificò a proprie spese lo stadio Giovanni Berta, oggi Artemio Franchi. Pavolini, fiorentino doc (abitava in via San Gallo), era una persona di grandissima sensibilità culturale e dalla solida preparazione: dopo la Marcia su Roma, a cui partecipò, nel 1924 (era del 1903) si laureò contemporaneamente, alle università di Firenze e Roma, rispettivamente in Giurisprudenza e in Scienze Sociali, dedicandosi poi al giornalismo, alla scrittura (in questo periodo scrisse il suo primo romanzo, Giro d’Italia, ripubblicato proprio in questi giorni) e alla politica culturale.

Pavolini fu ministro della Cultura popolare dal 1939

Nel 1934 lasciò il Fascio fiorentino e fu eletto deputato, e insieme a Giuseppe Bottai ideò e organizzò i Littoriali della Cultura e dell’Arte. Dal 1934 al 1942 fu inviato speciale del Corriere della Sera. Fu inseguito presidente della Confederazione fascista dei professsionisti e artisti, membro del Consiglio nazionale delle Corporazioni, membro del Gran Consiglio del fascismo fino al 1943. Fu inviato diverse volte in Africa Orientale come corrispondente di guerra. Nel 1939 divenne ministro della Cultura popolare, e fu un peccato che scoppiò la guerra perché le potenzialità culturali di Pavolini rimasero in parte inespresse, dovendo dedicare le sue energie prima alla guerrae poi alla guerra civile: Pavolini infatti aderì alla Repubblica Sociale Italiana, dove fu nominato segretario del neonato Partito Fascista Repubblicano. Una curiosità: il palazzo dove Pavolini, insieme con Buffarini-Guidi, mise la sede del Pfr  a Roma era Palazzo Wedekind, ossia l’edificio dove oggi è la redazione del quotidiano Il Tempo, proprio di fronte a Palazzo Chigi, attuale dimora di Matteo Renzi. La storia di Pavolini nella Rsi è un’altra storia, già raccontata in moltissimi libri, e non è qui il caso di tornarci. Pavolini invece ci ha lasciato diverse opere, una quindicina, sia di carattere storico che memorialistico che politico.

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