L’Analisi – Più sovraniste che lepeniste, le destre di Meloni e Salvini al test di Roma

4 Mag 2016 15:20 - di Carmelo Briguglio

Sarà importante vedere come andranno le elezioni amministrative  a Roma. Potrebbero essere la prima prova di un laboratorio politico che porterà alla fine del centrodestra classico e al divorzio politico tra Forza Italia e le destre di Salvini e Meloni. Più probabilmente, Silvio Berlusconi ha voluto solo reagire al protagonismo dei due giovani leader e non si avventurerà fuori dal perimetro tradizionale del centrodestra: il caso Marchini potrebbe così restare isolato e non ci sarebbe nessun disallineamento centrista dell’ex Cavaliere. Resterà comunque il “warning” agli alleati ancora tali. Tutto sarà più chiaro al ballottaggio, soprattutto se a sfidare la candidata dei Cinque Stelle ci andrà Giorgia Meloni. E, dopo, quando le forze politiche si posizioneranno in modo definitivo per il referendum di ottobre. Tuttavia Roma rappresenta un test politico per la Lega che misurerà la sua capacità di consenso in terra un tempo preclusa al Carroccio.

Roma è ancora la Capitale politica della Destra?

Ma lo è, molto di più, per Fratelli d’Italia, sia perché vede impegnata nella corsa a sindaco la sua leader Giorgia Meloni, sia perché il partito non può fallire la prova di dimostrare che Roma è ancora la capitale politica della destra italiana come lo fu ai tempi di An, quando ebbe un radicamento tale da farle portare i propri uomini ai vertici delle istituzioni locali. Ma, la performance romana sarà per Meloni e Salvini ancora più importante per parlare al Paese e, se si vuole, per accreditarsi anche extra moenia, per il tramite di media e osservatori privilegiati che in Italia hanno orecchie attente e sono sempre molto attivi, dall’ambasciata Usa, alla Bce, al Vaticano. La circostanza che sia stato creata intorno a Marchini un’offerta alternativa di centrodestra che si copre “on the right”, ingoiando pezzi di destra, minore e “rivale”, ancora più radicali  (La Destra, Azione Nazionale), è l’occasione di un confronto o, come gli interessati vogliono, di una sfida che vincerà, nell’immediato e forse anche in prospettiva, chi uscirà dalle urne forte di un consenso che non si mancherà di misurare e pesare. Anche il rifiuto – che oggi pare un eccesso – opposto da Giorgia Meloni alla proposta di prendere a bordo personalità che hanno fatto la storia della destra, quali sono Storace e Alemanno, potrà essere valutato come manifestazione di settarismo oppure innovazione e necessario distanziamento dal passato, in base al risultato.

La Destra “populista”: risposta di governo alla crisi europea?

La questione politica vera oggi da porre è se le destre di Meloni e Salvini – verso cui il politicamente corretto usa demonizzazioni semplicistiche che passano per il linguaggio (“lepenista” ha sostituito il “fascista”, “reazionario”, “estremista”) – siano o meno un’opzione praticabile per il governo della Capitale e del Paese. Questo è il punto politico. Che presuppone una domanda a monte: la democrazia in Europa è in pericolo o piuttosto sono o si sentono in pericolo i suoi popoli ? I quali, piuttosto, non sono fatti di uomini, donne, giovani – tutti in carne e ossa – cittadini e famiglie, che vivono il nostro tempo storico e con i piedi piantati nei suoli nazionali e nel  quotidiano si sentono minacciati da disoccupazione, migrazioni bibliche, finanza non regolata, corruzione, istituzioni europee deboli e non rappresentative ? Se il Vecchio Continente di oggi è questo ed è cambiato,  se i popoli si difendono “dal basso” votando, in elezioni libere, per i partiti catalogati come “populisti”, persino nelle Nazioni ad alta qualità di vita e di democrazia politica come nel nord Europa, la destra rappresentata da FdI e Lega è un problema o una chance ? È un’opzione affidabile per i problemi del mondo contemporaneo oppure no ? Perché questa destra – la quale più che “lepenista” è esatto definire “sovranista” e “nazionale” (adesso pure la Lega difende “i confini nazionali”) – tra limiti evidenti e autocorrezioni auspicabili, non può essere la risposta “italiana” – democratica, parlamentare, costituzionale – alla crisi europea ? Chi lo decide, se lo è o no, se non il “decisore” indicato nella Carta del ’48 che tutti i cittadini della Repubblica sono impegnati a osservare ?

Egemonia culturale e consenso politico

Se “la sovranità appartiene al popolo”, perché non credere che una nuova generazione politica a destra e nel centrodestra possa, col suffragio popolare, raccogliere il testimone, dentro e non fuori dalla la propria tradizione, come insegnava Augusto Del Noce, ma secondo modi di dire, di essere, di fare, che non possono essere quelli delle generazioni e delle classi dirigenti che le hanno precedute ? Perché non pensare che in un’Europa non più progressista, “europeista” o internazionalista, ma neppure moderata, liberale o  “conservative” alla vecchia maniera, il nostro Paese non possa produrre una sua destra chiamatela se volete “populista”, però “made in Italy”, tipicamente nostra, di governo (come lo è già in regioni, città e paesi) ? Siamo certi che una destra al governo debba essere, nello schema di elite temperata, bruxelliana,  perbene ? E chi lo dice che questa destra non possa, culturalmente ancor prima che politicamente, essere prevalente e trainante rispetto a un centro politico, debole e “vecchio”, impreparato o colto di sorpresa, da problemi epocali ? Perché non può dispiegare la sua “egemonia” grazie a un pensiero forte, a ricette convincenti e prassi di gestione della cosa pubblica e attrarre l’area moderata la cui rappresentanza “naturale” non ce la fa ad affrontare,  problematiche quali immigrazione e terrorismo? Proprio a Roma il centrodestra fu più un destra-centro. E, a sua volta, questa destra è pronta a fare il salto di qualità e presentarsi come “nazionale”, affinando profilo, lessico, contenuti, e abbandonando la tentazione di imitare modelli e brand da oltre confine, come lepenismo tout court e putinismo? Ecco perché le Amministrative a Roma, sono l’occasione per Meloni e Salvini di dare una risposta di consenso politico a queste domande che bussano alla porta della destra “nova”. Se vorrà esserlo fino in fondo.

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