Cina, 50 anni fa la mattanza. Ma la chiamarono “Rivoluzione culturale”

2 Mag 2016 16:37 - di Aldo Di Lello

Cinquant’anni fa, in Cina, fu scritta una delle pagine più atroci della storia  del ‘900. Ma pochi all’epoca, presso l’opinione pubblica occidentale, si accorsero (o vollero accorgersi) della gravità di quello che stava accadendo. E quella terribile stagione di fanatismo e di morte non è ancora ricordata per quello che realmente fu: una immane  mattanza che in pochi anni costò la vita a 2 milioni di cinesi innocenti. Stiamo parlando della Rivoluzione culturale , la campagna di massa lanciata da Mao Zedong il 16 maggio 1966 allo scopo di depurare il partito comunista cinese dagli «elementi borghesi infiltrati nel governo e nella società». In realtà si trattò di una vera  e propria purga in perfetto stile staliniano, condotta da giovani e giovanissimi , le cosiddette “guardie rosse”, che compirono incredibili atti di ferocia e di brutalità contro quello che era rimasto della classe dirigente cinese dopo la rivoluzione del 1949.

L’obiettivo di Mao era di liberarsi dei dirigenti comunisti che gli facevano ombra, a partire da Deng Xiaoping, lo stesso Deng che poi, 20 anni dopo, avrebbe lanciato il programma delle “quattro modernizzazioni“. La Rivoluzione culturale fu, al dunque, una gigantesca mistificazione ideologica che servi a coprire una violenta lotta per il potere all’interno della dirigenza comunista. E a farne le spese furono 2 milioni di poveracci: docenti universitari, dirigenti pubblici, maoisti “tiepidi”, o gente che semplicemente conservava la cultura della Cina come questa era prima della Rivoluzione comunista. Molti morirono a bastonate, dopo una umiliante “gogna” davanti centinaia di ossessi che li insultavano gridando slogan. Il “metodo” della Rivoluzione culturale fu applicato 10 anni dopo nella Cambogia dei khmer rossi, dove avvenne il genocidio di una fetta consistente della popolazione.  Anche qui furono giovanissimi a condurre le epurazioni più feroci. E anche qui bastava possedere un po’ di cultura per finire nei famigerati “campi di rieducazione”, che poi erano dei veri e propri gulag dai quali non si usciva vivi.

Il mito della Rivoluzione culturale attecchì, in quegli anni, anche in Occidente. E in Italia in particolare. Molti contestatori, nel ’68 e dintorni, esaltarono l’egualitarismo estremo propagandato dalle “guardie rosse ” cinesi. Si trattò in realtà di un movimento contro la cultura che per qualche tempo devastò le nostre università e preparò le “leve” degli anni di piombo nel decennio successivo. Ecco cosa fu la Rivoluzione culturale Ecco perché abbiamo il dovere di ricordare quella orribile pagine di storia 50 anni dopo.

 

 

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