Brexit, ora gli euroscettici lo chiamano Independence day. Sale il fronte del sì

31 Mag 2016 14:25 - di Antonio Pannullo

Ora gli euroscettici lo chiamano Independence day, riferendosi al referendum del 23 giugno prossimo sulla permanenza del Regno Unito nella Ue. Si riduce, e di molto, il margine di vantaggio dei pro Ue nei confronti degli euroscettici in vista del referendum sulla Brexit. Secondo il sondaggio settimanale del Daily Telegraph realizzato dall’istituto Orb, la campagna Remain scende al 51% dei consensi, mentre Vote Leave risale al 46%, una differenza di soli cinque punti rispetto ai 13 della precedente rilevazione. L’analisi fatta dal quotidiano filo-conservatore spiega come questo brusco calo dipenda soprattutto dalla crescente polemica sull’immigrazione nel Regno, in particolare dopo la pubblicazione dei nuovi dati sugli ingressi da record dei cittadini dai Paesi Ue e i casi di battelli con a bordo migranti che hanno attraversato il Canale della Manica diretti in Inghilterra.

Parte la grancassa mediatica contro Brexit

E naturalmente parte la grancassa dei filo-Ue per influenzare il voto dei sudditi di Sua Maestà: adesso ci sono 51 tra ceo e presidenti di altrettante aziende tra le più influenti in Europa – per l’Italia, fra gli altri il Ceo di Eni Claudio Descalzi, il presidente di Fca, John Elkann, e il presidente di Cir Rodolfo De Benedetti – quelli che aderiscono all’Ert (European Round Table of Industrialist) e che hanno firmato una lettera appello per dire no alla Brexit e stimolare il rilancio dell’Unione europea. «Nell’illustre, ma talvolta tormentata, storia dell’Europa, ci sono stati molti momenti cruciali», si legge nella lettera pubblicata da diversi giornali europei, con il Sole 24 Ore per l’Italia. «Oggi ci troviamo nuovamente di fronte a un bivio. Dall’inizio di questo decennio, l’Europa è stata messa alla prova dai problemi con l’euro, dal terrorismo, dalle migrazioni e ora dalle conseguenze di una potenziale Brexit, noi della European Round Table of Industrialists riteniamo che le motivazioni per le quali l’ Europa debba restare unita e lavorare compatta non siano mai state più forti», e via di questo passo, annunciando catastrofi economiche nel caso della vittoria del sì. Ma il nervosismo e la preoccupazione crescono: «Nel caso di una Brexit si innescherebbe una dinamica negativa nel resto dell’Ue perché è difficilmente immaginabile che, dopo una tale cesura, nell’Unione 28 Paesi meno uno possano continuare ad andare avanti come niente fosse», ha detto il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier a Berlino di fronte alla stampa estera. «La decisione della Gran Bretagna avrà influenze positive o negative su tutta l’Ue», ha aggiunto augurandosi che la Gran Bretagna resti nell’Unione.

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