Il testimone del delitto di Ilaria Alpi? “Inaffidabile. Fu pagato dal Viminale”

4 Apr 2016 12:53 - di Redazione

Nuove ombre sul processo che condannò Omar Hassan Hashi per l’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, avvenuto il 20 marzo 1994 a Mogadiscio. Il testimone autista della troupe che riconobbe Hashi era «una persona non affidabile e che farebbe qualsiasi cosa per sopravvivere», secondo il diplomatico italiano che svolse gli accertamenti in Somalia. Le nuove rivelazioni arrivano dalla testimonianza alla Commissione parlamentare d’inchiesta resa in seduta segreta nell’ottobre 2004 dall’ex ambasciatore Giuseppe Cassini, desecretata nei giorni scorsi e pubblicata  da Repubblica: «Io non darei un soldo bucato alle testimonianze di Abdi, perché è un bantu. La testimonianza di uno come lui è labile», affermava Cassini. Altri squarci nella coltre di depistaggi che ha costellato la ricerca della verità sulla morte della giornalista del Tg3 e del suo operatore si erano aperti già pochi giorni fa, quando il presunto supertestimone Ahmed Ali Rage detto Jelle avrebbe confermato che la sua testimonianza «venne pilotata».

Lo scoop del Fatto: “Il falso testimone fu pagato dal Viminale”

Secondo il sito del Fatto quotidiano il flusso di denaro incassato dal testimone nei pochi mesi della sua permanenza in Italia, dall’ottobre al dicembre del 1997, prima della sua fuga verso l’Inghilterra, è risalibile al Viminale. «Soldi usciti dalle casse del ministero dell’Interno, tutti regolarmente registrati in alcune note riservate, finite negli atti della commissione parlamentare d’inchiesta che si occupò del caso dal 2004 al 2006». In una nota si dice che «il vicepresidente Veltroni è informato. Il 4 giugno del 1997 il capo della Direzione centrale della polizia criminale, organo del ministero dell’Interno, scrive una nota riservata al capo della Polizia, all’epoca Fernando Masone. «A seguito di mia telefonata con il vicepresidente del Consiglio dei Ministri, On.le Veltroni, nella giornata odierna ho ricevuto il ministro Plenipotenziario Giuseppe Cassini, inviato speciale per la Somalia», è l’esordio della nota. Che poi aggiunge: «Il diplomatico ha avanzato la richiesta di (…) disponibilità di 3-5mila dollari per approfondire, con adeguata retribuzione alle fonti informative». Stanziamento di fondi utili «al fine di un rasserenamento dei familiari della giornalista uccisa, costituendo le premesse per arrivare a conoscere la reale dinamica dei fatti». L’allora vicepresidente Walter Veltroni si era attivato per cercare di risolvere il caso, chiedendo allo stesso Cassini di svolgere una specifica indagine in Somalia. Un caso che, a distanza di quasi vent’anni, non si è ancora risolto.

 

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