Regeni, l’Egitto cambia di nuovo versione. Ma il nostro governo che fa?
Adesso l’Egitto cambia di nuovo la sua versione sull’atroce assassinio del giovane italiano Giulio Regeni. E’ questa la collaborazione che Il Cairo aveva assicurato? Perché il nostro governo non prende provvedimenti più seri? Adesso apprendiamo che il governo egiziano non ha mai sostenuto che la banda di cinque rapinatori uccisi dalla polizia ”fosse responsabile dell’assassinio” di Giulio Regeni. Lo ha dichiarato il viceministro aggiunto dell’Interno Abdel Karim, secondo il sito del quotidiano Al Masry Al Youm, facendo riferimento al comunicato del ministero in cui si dava notizia del ritrovamento dei documenti di Regeni a casa dei familiari dei banditi. ”La ricerca delle persone coinvolte nella sua uccisione è ancora in corso”, ha aggiunto. Il vice ministro Abdel Karim ha fatto queste dichiarazioni in un’intervista telefonica mandata in onda dalla trasmissione Al-Haya Al Youm sulla rete satellitare Al Haya. Nel comunicato del 24 marzo del ministero dell’interno si affermava che la banda di rapinatori “era dietro all’uccisione dell’italiano” e che il capo della banda criminale aveva nascosto il borsello di Regeni a casa di sua sorella. Poche ore fa il governo egiziano aveva provato ancora una volta a scacciare le ombre di depistaggio o insabbiamento del caso Regeni, assicurando che l’uccisione del ricercatore italiano è stata “un atto isolato” e che l’impegno del Cairo per scoprire la verità è “totale”. In Italia, tuttavia, i riflettori restano puntati sull’arrivo a Roma martedì prossimo degli investigatori egiziani – che però non hanno ancora confermato – per fornire elementi concreti di collaborazione ai nostri inquirenti. Un confronto ritenuto cruciale. Il ministro degli Esteri Sameh Shoukri in un’intervista al quotidiano egiziano Al Shourouk ha detto che l’uccisione di Regeni ”è un atto isolato e bisogna valutarlo in questo quadro considerando la determinazione e l’impegno totale del governo egiziano e degli apparati di sicurezza a continuare gli sforzi per scoprire la verità e arrestare gli assalitori”, ha rimarcato Shoukri. ”La vicenda non è stata ancora chiarita”, ha aggiunto, riassicurando la “totale cooperazione con gli investigatori italiani che si trovano in Egitto”.
Ora sul caso Regeni si attende l’incontro di martedì
Infine, ha ricordato i ”contatti” tra i vertici di Italia ed Egitto per evitare che questa vicenda metta in ”crisi” i rapporti bilaterali strategici e dagli importanti riflessi economici. Resta il fatto che, negli oltre due mesi seguiti alla scomparsa del 28enne studioso friulano, la sera del 25 gennaio nel centro del Cairo, le autorità egiziane hanno tirato fuori tutto ed il contrario di tutto: dall’incidente stradale alla vendetta, dalla rapina al traffico di reperti archeologici, fino al delitto maturato in ambienti omosessuali. Tutte piste che non spiegano a fondo le torture efferate e prolungate subite da Regeni, che evocano la pista dei servizi, deviati o meno, su cui il presidente al Sisi si troverebbe in evidente imbarazzo. Tra l’altro, gli elementi fin qui condivisi dagli egiziani sono stati ritenuti dagli italiani “non idonei” a fare chiarezza. In questo quadro, diventa fondamentale l’incontro a Roma, il 5 aprile, tra gli investigatori dei due Paesi, di cui tra l’altro manca ancora l’ufficialità per la mancanza di comunicazioni da parte egiziana. A questo proposito, venerdì il quotidiano Al Akhbar ha scritto che Regeni era seguito dai servizi fin da quando era arrivato al Cairo per fare ricerche sui sindacati indipendenti. E tutte queste indagini verranno consegnate martedì agli inquirenti italiani, con “molti documenti e informazioni importanti, tra cui foto”, hanno rivelato le stesse fonti della sicurezza citate dal giornale. Nulla è trapelato, invece, su ciò che conta di più per i nostri investigatori, ossia i tabulati telefonici del giovane e il traffico di celle di una decina di persone tra amici e conoscenti, proprio per ricostruire i suoi spostamenti nei giorni precedenti la scomparsa fino al ritrovamento del cadavere, dieci giorni dopo. Su questi elementi, probabilmente, si giocherà il successo o meno dell’incontro di martedì prossimo a Roma.