Il 28 aprile e lo scempio di Piazzale Loreto che ha macchiato la storia d’Italia
28 Apr 2016 12:28 - di Mario Aldo Stilton
Non potevano che ammazzarlo, quel 28 aprile. Dovevano ammazzarlo. Sull’altare della Storia Lui era la vittima da sacrificare perché si lavassero i peccati e si dimenticassero i sogni. I peccati e i sogni di un popolo. Dovevano ammazzarlo subito, perché quel suo sangue sanasse l’obbligo di espiazione collettiva, assorbisse due decenni di consenso, di condivisione, di entusiasmo e di amore: ed è così che è andata. Altro non si poteva. Lasciarlo in vita e poi processarlo e, magari, carcerarlo e, quindi, liberarlo avrebbe significato rendere chiara ogni responsabilità, ogni connivenza. E possibile il ritorno. Non potevano rischiare. La sua sola esistenza in vita avrebbe potuto in qualunque momento galvanizzare i sognatori e impedire ai nuovi padroni di insediarsi stabilmente.
No, non si poteva. L’ordine doveva essere eseguito. Perché tutto ricominciasse, perché tutto avesse un nuovo inizio c’era dapprima da certificare una fine. La Sua fine. Tutto previsto. Pianificato. Tutto concordato coi liberatori in arrivo. Persino con qualche obliquo pastore di anime. Tutto, tranne lo scempio successivo. Tutto, tranne la lurida macelleria a cielo aperto. Tutto, tranne la calca e i calci e gli sputi e il piscio e l’urlo della ferocia su quella testa inerte, gonfia, tumefatta e senza più lineamenti umani. L’istantanea che da quella piazza ha turbato il mondo. No, quello non l’avevano previsto. Volevano sublimare la volontà di giustizia e si sono ritrovati con la più orribile rappresentazione della barbarie. Perché questo e nient’altro è stato quel giorno: quel 28 aprile.
No, non si poteva. L’ordine doveva essere eseguito. Perché tutto ricominciasse, perché tutto avesse un nuovo inizio c’era dapprima da certificare una fine. La Sua fine. Tutto previsto. Pianificato. Tutto concordato coi liberatori in arrivo. Persino con qualche obliquo pastore di anime. Tutto, tranne lo scempio successivo. Tutto, tranne la lurida macelleria a cielo aperto. Tutto, tranne la calca e i calci e gli sputi e il piscio e l’urlo della ferocia su quella testa inerte, gonfia, tumefatta e senza più lineamenti umani. L’istantanea che da quella piazza ha turbato il mondo. No, quello non l’avevano previsto. Volevano sublimare la volontà di giustizia e si sono ritrovati con la più orribile rappresentazione della barbarie. Perché questo e nient’altro è stato quel giorno: quel 28 aprile.