Rimini: sigilli al “Caffè delle Rose”, il bar simbolo della Dolce Vita di Fellini

20 Apr 2016 17:43 - di Redazione

Il primo e l’ultimo cappuccino della giornata al Caffè delle Rose, storico locale di Marina Centro di Rimini che fu frequentato anche da Federico Fellini e Giulietta Masina, l’hanno servito questa mattina intorno alle 7. Poi sono entrati i finanzieri del nucleo di polizia tributaria del comando Gdf di Rimini e hanno messo i sigilli al locale consegnando le chiavi all’amministratore giudiziario. Col caffè simbolo della Dolce Vita riminese, le Fiamme Gialle hanno chiuso, solo per il momento, anche il bar bolognese “Piglia la Puglia” di via Riva di Reno, famoso per le sue parmigiane bianche e il pane al pomodoro, e lo stabilimento balneare “Le Caique” di Pineto (Te). Il sequestro al fine della confisca per un valore complessivo di 2milione e 300 mila euro è stato realizzato nell’ambito dell’operazione del nucleo di pt della Gdf, denominata appunto “coffee break”. Denunciate 4 persone in concorso per il reato di fittizia intestazione di beni. I sigilli sono scattati con ordinanza del gip Vinicio Cantarini, emessa in seguito all’indagine del nucleo di polizia tributaria partita nel 2014 da un semplice controllo su uno scontrino fiscale al Caffè delle Rose. Accertamenti sul bar bolognese sono stati condotti anche dal sostituto procuratore della Repubblica di Bologna, Beatrice Ronchi. Incrociando i dati su partita Iva e intestazioni delle licenze, la Gdf ha scoperto che tutti i beni intestati a terze persone, in alcuni casi dipendenti, erano riconducibili invece a Pasquale Granatiero, imprenditore di origine pugliese che nel 2015 è stato condannato dal Tribunale di Pescara a due anni e sei mesi per alcuni reati fiscali mentre è stato assolto da quello di riciclaggio con formula piena. Granatiero, nel 2014 quando prese in gestione il Caffè delle Rose era solo indagato. Ma è proprio per il timore di sequestri e confische che avrebbe intestato a terzi alcune delle sue attività. «Il vero titolare è – ha spiegato il tenente colonnello Marco Antonucci, comandante del nucleo pt – è quello che mette le mani nella cassa della gestione». Granatiero, dunque, secondo gli investigatori, per eludere le misure di prevenzione a cui poteva essere sottoposto per la successiva condanna per i reati tributari avrebbe creato delle intestazioni fittizie, tenendo però sempre ben stretti i cordoni della borsa e frequentando assiduamente i suoi locali.

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