Cede la diga: 28 km di petrolio nel Mar Ligure. Toti: “Il peggio è passato”
A sera, quando il pericolo ambientale si ridimensiona, rimangono ancora gli autospurgo sotto i fari delle fotoelettriche, a risucchiare i residui di petrolio. E si portano via un’intera giornata di allarmi ed anche di magre figure. Emergenza iniziata poco prima dell’alba di ieri, quando su Genova piove, si alza di appena 24 centimetri il livello del Polcevera (insieme al Bisagno tristemente noto per le alluvioni) e franano come castelli di sabbia le dighe di contenimento del greggio, alte poco più di un metro, costruite con la ghiaia dello stesso torrente, si legge su “la Repubblica“.
L’onda nera naviga verso Ponente, allarmando i comuni rivieraschi
La Capitaneria di Porto dichiara lo stato di emergenza in mare e toglie la regia delle operazioni di bonifica alla Iplom, la società petrolifera proprietaria dell’oleodotto esploso alle 19,26 di domenica scorsa in località Fegino. Gli sbarramenti sifonati avrebbero dovuto contenere ciò che rimane dei 680mila litri di petrolio trafilati in cinque notti e sei giorni dai terreni impregnati di greggio. Gran parte finito in mare immediatamente dopo la rottura: circa 60 metri cubi nei 20 minuti in cui i tecnici del Porto Petroli di Multedo (approvvigiona mezza Europa) e della raffineria di Busalla si sono accorti del guasto ed hanno chiuso le valvole di intercettazione; altri 620mila litri nelle due ore successive in cui si è svuotata la condotta lunga 4 chilometri, situata a monte del punto di collasso.
«Il peggio è passato, le coste sono al sicuro», ripete il governatore Giovanni Toti
Secondo le immagini satellitari fornite dall’Ernsa (European Maritime Safety Agency) si tratterebbe di una scia lunga 28 chilometri, non compatta, discontinua e iridescente. Castalia, una delle imprese a cui è stata affidata la bonifica, precisa che si tratterebbe di grumi attorno ai quali si sono addensati branchi di meduse. «Ma non è il disastro ambientale della Haven», ricordano i responsabili della Iplom.