Il Cairo prende ancora tempo: “Il caso Regeni è vicino alla svolta”

17 Apr 2016 11:37 - di Laura Ferrari

Prosegue l’imbarazzato e goffo tentativo del Cairo di placare l’indignazione dell’opinione pubblica italiana sulla morte di Giulio Regeni. «Il portavoce del ministero degli Esteri egiziani, Ahmed Abou Zeid, ha affermato che c’è stato un importante sviluppo negli ultimi due giorni» sul dossier dello studente italiano torturato e ucciso: lo scrive il sito del quotidiano egiziano Al Watan senza fornire dettagli su questo “sviluppo” investigativo ma precisando che il portavoce ha parlato sabato a una tv. Parlando dell’imprecisato «importante sviluppo nell’omicidio dello studente italiano», il portavoce del ministero degli Esteri egiziano Ahmed Abou Zeid «ha chiesto alla parte italiana di allentare le pressioni politiche sul caso». Il portavoce ha indicato «che i contatti con la parte italiana continuano per svelare le circostanze della sua morte», ha scritto ancora il giornale sintetizzando fuori di virgolette un intervento telefonico del portavoce alla tv Al-Hayat. «Abou Zeid ha aggiunto che è necessario vuotare questo dossier delle influenze politiche e lasciarlo agli apparati di sicurezza competenti», riferisce ancora il sito.

Caso Regeni: anche per gli Usa il governo egiziano non ha più alibi

L’ennesimo tentativo di depistaggio che ormai non convince più nessuno, tantomeno l’opinione pubblica internazionale. Come ha scritto il New York Times in un editoriale, «il peso della repressione di Al Sisi è caduto sugli egiziani, migliaia dei quali sono stati arrestati, e molti torturati e uccisi. Tra le vittime c’è Giulio Regeni». La drammatica vicenda «Regeni ha costretto almeno un Paese, l’Italia, a riconsiderare i propri rapporti con l’Egitto. E’ tempo che anche le altre democrazie occidentali facciano lo stesso», ha scritto il New York Times. «L’Italia ha chiesto agli altri governi europei di fare pressioni sull’Egitto. Alla fine Londra ha chiesto una inchiesta trasparente». Ma c’è stato «un vergognoso silenzio dalla Francia, il cui presidente Francois Hollande, sta per firmare un contratto da 1,1 miliardi di dollari in armi».

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