Un paese quasi perfetto: un film esalta il Sud che non si piange addosso
Un paese quasi perfetto (che esce domani nelle sale) è una commedia che affronta un tema importante: quello del recupero dei borghi italiani ormai quasi disabitati e guardati da tutti come uno scenario invivibile (se non altro perché il cellulare non prende…). Se bastasse solo un’idea un po’ geniale, un briciolo di creatività e un oculato investimento per ridare ossigeno e vita a uno di questi borghi – come nella pellicola diretta da Massimo Gaudioso, che ha firmato la sceneggiatura di Benvenuti al Sud – l’ottimismo dispensato dal film sarebbe ben contestualizzato. Ma sappiamo tutti che nel nostro Mezzogiorno le cose vanno diversamente che a Pietramezzana, lo sgarrupato villaggio di montagna dove un ex minatore (Silvio Orlando), aiutato da un pignolo direttore di banca (Carlo Buccirosso) arringa la sparuta folla di paesani dando loro le energie necessarie perché il paese si avvii alla resurrezione. E il sogno di rinascita passa per l’ospitalità concessa a un chirurgo estetico (un poco entusiasmante Fabio Volo) che deve convincersi a fare il medico condotto tra le Dolomiti lucane (senza il medico i finanziamenti non arriverebbero…). Un obiettivo per il quale tutti si daranno da fare fino a servire sushi nella trattoria locale o giungendo a improvvisare improbabili partite di cricket. Alla fine sarà il fascino della prestante Miriam Leone ad imporsi su tutte le altre abborracciate soluzioni che qualche risata riescono a strapparla, stagliandosi sullo sfondo di un tema tutt’altro che comico: la dignità della vita di provincia, ora raccontata nelle sue ipocrisie ora narrata nella sua genuinità. Un paese quasi perfetto – remake del canadese La grande séduction – opta per la seconda possibilità, professando un’altra “morale” per il Sud: oltre l’assistenzialismo dell’assegno di disoccupazione c’è la genialità dell’arte di arrangiarsi. E anche questa, coniugata con la bellezza tutta particolare dei nostri paesaggi, può dare lavoro in abbondanza.