La madre di Tommy: «Chi ha ucciso mio figlio deve restare a vita in galera»
Contro il dolore del lutto e contro la possibile beffa che, ancora una volta, la giustizia potrebbe infliggere a chi è già vittima di un terribile delitto. Un torto difficile da digerire: quello della scarcerazione dell’assassino. Proprio così: stavolta a subire l’ennesima onta causata da un eccessivo buonismo legistaslativo, troppo spesso applicato nelle sentenze, potrebbe essere Paola Pellinghelli, la mamma del piccolo Tommy, rapito e poi barbaramente ucciso da Mauro Alessi. Dal 2 aprile, infatti, a un mese esatto dal 2 marzo, giorno della tragica ricorrenza del rapimento del bambino, che all’epoca aveva appena 18 mesi, il suo crudele omicida potrebbe accedere al lavoro esterno: ma Paola Pellinghelli, una donna che fin qui non si è mai arresa al dolore e all’ingiustizia, dice «no», lanciando una petizione pubblica dal suo profilo Facebook.
I dieci anni dal brutale omicidio del piccolo Tommy
«Io di quella sera voglio ricordare molto poco ma in occasione degli anniversari tutto ritorna alla mente e fa sempre molto, molto male». E per Paola Pellinghelli il momento del dolore è ritornato. Il 2 marzo, infatti, ricorrono i dieci anni da quando il suo piccolo Tommy venne strappato dal seggiolone nella sua casa di Casalbaroncolo, alle porte di Parma, dove poi non farà più ritorno. Una sera terribile con i sequestratori, Mario Alessi e Salvatore Raimondi, che trascinarono via il piccolo a poche centinaia di metri di distanza, uccidendolo poco dopo a colpi di badile, solo perché il piccolo piangeva troppo forte. Tommy fu seppellito subito lì, sull’argine del torrente Enza, lungo la strada del Traglione, luogo di droga e prostituzione, e dove fu ritrovato un mese più tardi, quando i due orchi alla fine confessarono il terribile delitto. Una tragedia che sconvolse l’Italia, tutta unita per un mese al fianco di Paolo Onofri e Paola Pellinghelli. Una vicenda che distrusse quella famiglia, con papà Paolo colpito dopo qualche tempo da infarto e rimasto in stato vegetativo per anni prima di spegnersi definitivamente. Una storia di orrore e brutalità che ha sconvolto l’opinione pubvblica e che oggi, a distanza di 10 anni da quei terribili fatti, si riaffaccia in tutta la sua inaccetabile brutalità.
Mario Alessi? Deve restare in carcere
Una brutalità che, in qualche modo, verrebbe in parte condonata concedendo la possibilitòà di accedere al lavoro esterno all’orco che ha rapito e ucciso un bimbo indifeso di appena 18 mesi. Un dolore, quello di una madre sconvolta dall’accaduto e privati dei suoi affetti più cari – il figlio, prima, il marito, poi, – che Paola Pellinghelli ha vissuto in questi lunghi dieci anni – e come lei stessa ha ribadito in queste ore – «giorno per giorno, assumendomi tutte le mie responsabilità: prima di tutto per il figlio che mi è rimasto, Sebastiano». Ma fare i conti con il dolore è difficile e, dice Paola, resta sempre una cosa personale. Altro invece è la giustizia, quella giustizia che potrebbe far tornare libero Mario Alessi. «Finché avrò voce dirò che non è giusto che ritorni in libertà – ribadisce Paola Pellinghelli –. Ricorderò a tutti quello che ha fatto prima di portarmi via Tommy e tutto quello che ha fatto dopo. Se mi ha chiesto perdono? Non lo ha mai fatto, ma forse sapeva che quelle parole vuote sarebbero ritornate al mittente»…