Il Family Day diventa movimento politico, contro Renzi. E su Roma…
«Renzi ha deciso di impossessarsi del Paese e ha dimostrato di non amare il gioco democratico. Le sue riforme hanno depotenziato i pesi e contrappesi». Il Family Day non si ferma all’opposizione alla legge Cirinnà. Da oggi punta a organizzarsi come movimento politico attraverso un «processo costituente». In progetto c’è una «grande convention» .
Ad annunciare questa novità sono alcuni degli organizzatori della manifestazione del 30 gennaio scorso in una conferenza stampa ospitata dalla Fondazione Cantiere Abruzzo-Italia del deputato Fabrizio Di Stefano (FI) e moderata dal direttore del quotidiano on line IntelligoNews.it, Fabio Torriero. Al tavolo c’erano Simone Pillon (Comitato Difendiamo i nostri figli), che ha parlato a nome di Massimo Gandolfini (assente per motivi di lavoro), Costanza Miriano, Filippo Savarese (Generazione Famiglia), Toni Brandi (ProVita Onlus). In sala anche diversi esponenti politici come Eugenia Roccella, Basilio Catanoso, Gianni Alemanno.
«Dal Family Day al Family Day Italia»
Il Family Day non vuole, beninteso, diventare un nuovo partito, ma dare voce a un «popolo» che non si riconosce nell’attuale offerta politica. «Vogliamo creare – ribadisce Pillon – un’occasione di confronto, una costruzione d’area, innanzi tutto sociale, che influisca sul voto, a partire dal referendum sulle riforme». Se necessario, «costituiremo Comitati per il No» , comunque «ci alleeremo con chi si oppone al disegno renziano», chi non vuole l’«involuzione autoritaria» che incombe sull’Italia. Più in generale il Family Day (titolo dell’incontro era «Dal Family Day al Family Italia») vuole «contare, vuole esserci». Un punto più volte ribadito dagli oratori è che la «cosa nuova» che sta per nascere non vuole «mettersi a capo» di ninte, perché il «popolo, già c’è, formato». C’è una domanda nuova che sta partendo dal basso della società. «Nascono comitati ovunque». C’è una nuova ansia di partecipazione politica. Questo «popolo formato» vuole irrompere sulla scena pubblica.
«Gli atti d’amore non sono a pagamento»
Renzi ha evidentemente avuto già sentore che qualcosa si sta muovendo sulla spinta del Family Day. E già comincia ad avere qualche preoccupazione. Sintomo chiaro di questo timore è la sua manifestata disponibilità ad andare nelle «parrocchie» a parlare della riforma costituzionale. Certo è comunque che il linguaggio di questa «cosa nuova» in gestazione è diverso da quello involuto del politichese o equivocamente disinvolto dclla comunicazione renziana. Gli uomini e le donne del Family Day parlano di un’«antropologia, cioè di una idea dell’uomo» da contrapporre a quella che punta oggi a essere egemone, vale a dire la visione dell’uomo (che trova proprio in Renzi il suo vertice politico) immiserita nell’individualismo, nell’edonismo, nei «desideri». «Non vogliamo una società in cui gli atti d’amore siano a pagamento. Atto d’amore non è comprare un bambino. È ad esempio cambiare il pannolone al nonno». È un linguaggio nuovo, ma che riporta alle motivazioni profonde e storiche della politica. Introducendo il dibattito, Torriero ha denunciato il tentativo in atto di «costruire una società radicale di massa», che ha i suoi riferimenti culturali in «Robespierre e nel laicismo»,
“Work in progress” per le elezioni amministrative
E per quello che riguarda le prossime elezioni amministrative? «C’è un work in progress -rispondono gli esponenti del Family Day – perché questo popolo trovi la sua rappresentanza nel proprio Comune e nella propria Regione». Il riferimento d’obbligo è a Roma. «Se ci sarà un candidato che affermerà di proteggere la vita e la famiglia, quel candidato noi lo appoggeremo». Il messaggio è lanciato.