Antagonisti, per i giudici l’okkupazione dei compagni non è reato. Ecco perché

2 Mar 2016 13:00 - di Martino Della Costa

Uno slalom “beffardo” tra le vie di fuga della legge: si potrebbero riassumere così le motivazioni della sentenza di proscioglimento emanata dal Tribunale di Milano, che ha assolto 27 antagonisti accusati di aver occupato abusivamente per 4 mesi nel 2010 un edificio privato, «stabilendovi la sede del centro sociale Bottiglieria Okkupata». La presenza nell’edificio, spiega il verdetto, poteva essere «giustificata» dalla «frequentazione del centro sociale, sia pur istituito in uno stabile occupato, secondo una prassi socialmente accettata». Come a dire, in breve, che per i giudici l’okkupazione dei compagni non è reato. Vediamo allora perché.

Antagonisti dell’area anarchica milanese accusati di occupazione abusiva

Quello appena enunciato poco sopra, infatti, e solo uno dei passaggi chiave delle motivazioni della sentenza con cui mesi fa il Tribunale di Milano ha assolto 27 antagonisti, accusati di aver occupato abusivamente, e per 4 mesi del 2010, un edificio privato, «stabilendovi la sede del centro sociale». Di più: nel merito del proscioglimento, chiesto sia dall’accusa che dalle difese, tra cui i legali Eugenio Losco, Mauro Straini e Davide Steccanella, il giudice Monica Amicone chiarisce che nel processo è «mancata la piena prova» che i giovani, trovati all’interno dell’edificio durante lo sgombero perché frequentatori del centro sociale come «luogo aperto al pubblico», avessero anche realizzato la «condotta di invasione», prevista dal reato, 4 mesi prima. E che «l’appostazione di tubi innocenti all’ingresso dell’edificio, scardinati dagli agenti» non è  «riconducibile con certezza» agli imputati. Un’argomentazione che, per quanto logica e conseguenziale, non tiene però conto del fatto che gli antagonisti a processo, almeno stando all’imputazione iniziale, erano accusati di «invasione di edifici» perché il 15 giugno 2010 sarebbero entrati nello stabile e lo avrebbero occupato. Non solo: le giustificazioni mosse a sostegno della sentenza non terrebbero conto neppure di uno degli argomenti riassunti nelle accuse, secondo cui gli occupanti in questione avrebbero, per esempio, redatto finanche «un apposito “decalogo” contenente le indicazioni da seguire in caso di intervento della Polizia». Sempre secondo le indagini condotte dalla Digos, infatti, i giovani, tra cui anche un ivoriano, tre francesi e un portoghese, avrebbero presidiato «costantemente» l’ingresso, rinforzando la chiusura del cancello utilizzando dei tubi.

La richiesta di proscioglimento del Tribunale di Milano: le motivazioni

Per il giudice, però, alla fine «nulla è emerso» nel dibattimento «in ordine al concorso degli imputati alla realizzazione della permanenza della condotta di invasione, effettuata da altri», e non può «essere ritenuto sufficiente il mero dato della presenza nell’edificio occupato». Anzi, il sillogismo giuridico adottato durante il dibattimento, e quindi messo nero su bianco nella sentenza, ribadisce che la presenza degli imputati «può essere infatti giustificata» dalla «frequentazione del centro sociale» che «ove rilevante dal punto di vista penale, risulterebbe non contestata dall’accusa». Neanche il «ritrovamento di una carta d’identità» di una ragazza imputata sotto un letto dell’edificio, spiega il giudice, significa altro se non la sua «frequentazione del centro sociale». Di più ancora: perfino la suddetta «adozione del decalogo» non è risultata per il Tribunale riconducibile agli imputati. È «plausibile», conclude infatti il giudice, che gli imputati «in quanto frequentanti il centro sociale, abbiano posto in essere le condotte occupative contestate, ma in giudizio ne è mancata la piena prova», e perciò, «devono essere assolti per non aver commesso il fatto di invasione commesso da altri». Il caso, entrato nel merito nel maggio del 2014, quando la Procura ha chiesto e ottenuto il processo per 28 persone (una donna è stata assolta dall’accusa di aver dichiarato false generalità agli agenti), quasi tutte appartenenti all’area anarchica e antagonista milanese, si smonta, e la denuncia – a cui seguì lo sgombero eseguito dalle forze dell’ordine il 14 ottobre del 2010 – presentata dalla «proprietà dello stabile», si chiude senza responsabili di sorta. Che è un po’ come uscire da un accurato check-up medico senza una diagnosi e senza, quindi, la conseguente terapia…

 

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