Il romeno della minicar resta in cella. Ma solo perché la moglie non lo vuole

5 Feb 2016 9:52 - di Bianca Conte

Il romeno della minicarDanut Alexe, che qualche giorno fa, da ubriaco – con un tasso alcolico quasi 4 volte superiore al limite consentito –  ha ucciso madre e figlia travolte dalla sua auto mentre passeggiavano sul marciapiede, avrebbe potuto usufruire degli arresti domiciliari. E se resta in galera è solo “merito” della moglie che, di fronte all’ipotesi di una sua “scarcerazione” e di un possibile ritorno a casa, anche se in stato di fermo, ha rabbrivido e chiesto con fermezza per il coniuge la detenzione penitenziaria.

La moglie del romeno della minicar contro i domiciliari

Ma non è solo un moto morale quello che ha indotto la moglie del romeno che investito e ucciso mamma e figlioletta ad avanzare la richiesta che il marito resti in carcere, ma anche – soprattutto? – la paura che quell’uomo violento torni a casa dove, Danut Alexe, a quanto dichiarato dalla consorte è solito comportarsi in modo violento e prepotente. Tanto da indurre la moglie dell’investitore romeno a prendere carta e penna e scrivere al giudice, dicendosi indisponibile ad accogliere il marito in casa e denunciando precedenti maltrattamenti. Non solo: nel corso dell’interrogatorio di garanzia sarebbero emersi anche altri elementi che avrebbero convinto il gip a prendere la sua decisione. La donna, una badante che da tempo vive e lavora regolarmente in Italia, e che nella dichiarazione inviata al giudice ha sottolineato a più riprese come e quanto il marito l’avrebbe minacciata, maltrattata e offesa in molte occasioni, ha anche detto di temere per l’incolumità della figlia, a causa del carattere violento dell’uomo contro il quale ha appena aperto una causa di divorzio in Romania.

Il pirata della strada resta in cella: ma se la donna non fosse intervenuta?

Di più: il quarantenne romeno viene descritto come «dedito alla gozzoviglia» e «a maltrattare la moglie»: come se la fotografia del personaggio scattata da quel tragico incidente in cui ad Arezzo sono rimaste uccise Barbara Stiepen Fiacchini e la figlia Letizia di appena 10 anni, non esaurisse di per sé il ritratto dell’uomo, a cui ora si aggiungono le descrizioni di marito e padre violento e nullafacente. In sostanza, secondo il Gip, l’incidente sarebbe conseguenza anche di un «costume di vita dell’indagato che non è facilmente sradicabile, caratterizzato dalla totale assenza del senso del collettivo». E per fortuna l’intervento della moglie dell’imputato – per il momento almeno – ha chiuso a doppia mandata la porta della cella dove l’uomo è rinchiuso, con tanto di autorevole firma del gip Annamaria Loprete. Ma il dubbio resta: e se la compagna del pirata della strada straniero non avesse parlato, l’uomo a neanche una settimana dalla morte delle due povere vittime travolte dalla sua minicar allo sbando, sarebbe già fuori?

 

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