Ravenna, nell’inchiesta sull’Ispettorato del Lavoro ora è caccia a 300.000 euro
In cambio di regalie – bottiglie di vino, pasti gratis o a prezzi stracciati e, in qualche caso, perfino posti di lavoro per gli amici – si erano “venduti” avvertendo in anticipo gli imprenditori delle ispezioni che stavano per arrivare. Ma ora gli inquirenti che indagano su diversi presunti episodi di assenteismo e corruzione nella Direzione territoriale del Lavoro di Ravenna, hanno iniziato a sospettare che la voracità dei corrotti abbia indotto gli imprenditori ad aprire il portafogli e a elargire vere e proprie mazzette ai due funzionari, Gianfranco Ferrara, 60 anni, originario di Tramonti, nel Salernitano, funzionario responsabile del servizio Ispettivo alla Dtl arrestato dai carabinieri il 10 dicembre scorso assieme a Massimo Siviero, 44enne di Lugo, in provincia di Ravenna, incaricato di monitorare tutte le pratiche ispettive e finito, invece, ai domiciliari.
Per questo ora i magistrati hanno deciso di passare al setaccio un conto, in particolare, sul quale sono transitati almeno 300mila euro, riconducibile a Ferrara, il principale indagato nell’inchiesta. Il conto, secondo quanto riportato da quotidiani locali, era, infatti, intestato a una persona molto vicina a Gianfranco Ferrara.
Oltre a diversi episodi di assenteismo con uso improprio del badge, nell’ordinanza che li aveva fatti finire in carcere – Ferrara è in cella a Rimini, Siviero è ora ai domiciliari – ai due era stata contestata anche la corruzione in quanto avrebbero avvertito vari titolari di attività di imminenti controlli in cambio di benefit di ogni genere e, a questo punto, anche di tangenti vere e proprie, sospettano gli investigatori.
Il nuovo filone dell’inchiesta – coordinata dai pm Alessandro Mancini e Angela Scorza – punta, infatti, a verificare l’esistenza anche di eventuali mazzette dietro la contestata corruzione. Il conto, ora al vaglio degli inquirenti, era stato progressivamente svuotato con prelievi fino a 95 mila euro alla volta. Pure per Siviero era stato rilevato, questa volta su conto a lui direttamente intestato, un passaggio tra il 2010 e il 2015 di quasi 99 mila euro non riconducibili a entrate certificate. L’uomo, appassionato ciclista, aveva giustificato la somma con la vendita di cimeli appartenuti a Marco Pantani e con lo stipendio incassato in un doppio lavoro, peraltro autorizzato dalla Dtl, in una nota discoteca rivierasca. L’inchiesta ha prodotto, finora, una quindicina di indagati a vario titolo tra dipendenti della Dtl ravennate, compresa la direttrice Raffaella d’Atri, e diversi imprenditori.