Profughi, chiusa la rotta dei Balcani: ora si teme l’invasione della Puglia
Un fiume umano che non si ferma in Grecia. Sono più di mille i migranti che ieri hanno rotto le recinzioni del campo di Diavata, mettendosi in marcia verso Idomeni, al confine con la Macedonia. È una colonna di disperazione e determinazione, con uomini, donne, bambini pronti ad affrontare la polizia alla frontiera, pur di avanzare nel viaggio della speranza attraverso l’Europa. Mentre da Bruxelles il commissario all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos lancia l’allarme: se non ci saranno risultati concreti nei prossimi giorni nella messa in pratica delle soluzioni europee, “c’è il rischio che l’intero sistema” europeo “collassi”. E il fronte più esposto è quello che dall’Albania può portare verso l’Iralia, con sbarchi in Puglia, migliaia di disperati bloccati dalla chiusura della rotta dei Balcani.
I Balcani chiusi dirottano i migranti verso l’Italia
“La situazione sulla rotta dei Balcani occidentali è davvero critica. La possibilità di una crisi umanitaria su larga scala è molto reale e molto vicina”, ha avvertito Avramopoulos al termine della riunione dei ministri dell’Interno Ue, dove è emersa l’ennesima spaccatura, con i Paesi dell’est e l’Austria che ormai pensano solo a blindare i confini, tagliando fuori la Grecia. Nella penisola ellenica le recenti azioni unilaterali dei Paesi balcanici, che alla frontiera macedone bloccano anche i profughi siriani privi di documenti in regola, fanno sentire tutti i loro effetti negativi. E Bruxelles sta lavorando con l’Alto commissario Onu per i rifugiati (Unhcr) Filippo Grandi ad un piano d’emergenza umanitario. «Non accetteremo di diventare il Libano d’Europa e un magazzino di anime», ha protestato il viceministro per l’Immigrazione greco Ioannis Mouzalas, furibondo per il trattamento riservato al suo Paese, escluso dal vertice organizzato ieri dall’Austria a Vienna. Per questo Atene ha anche richiamato in patria per consultazioni il suo ambasciatore nella capitale austriaca. Alla riunione con i colleghi Ue Mouzalas si è ritrovato più volte sul banco degli imputati, dove lo hanno inchiodato i quattro ministri dei Visegrad – il polacco Mariusz Blaszczak, lo slovacco Robert Kalinak, l’ungherese Sandor Pinter, il ceco Milan Chovanec – ma anche quello austriaco Johanna Mikl-Leitner, con la quale lo scambio è stato se possibile ancora più acceso. In difesa del greco hanno parlato Angelino Alfano, il francese Bernard Cazeneuve e il tedesco Thomas de Maiziere, che con la Commissione Ue premono per l’attuazione delle soluzioni europee. Ma la situazione è tesissima.
La Ue non trova una soluzione unitaria
Tra dieci giorni ci sarà infatti un nuovo vertice straordinario dei leader dei 28 sulla crisi dei profughi con la Turchia. All’inviato di Ankara i ministri dell’Unione hanno chiesto di ridurre drasticamente i flussi entro quella data e se per il 7 marzo non saranno stati drasticamente ridotti “si dovranno trovare altre misure e fare nuovi piani di emergenza”, ha avvertito il ministro dell’Immigrazione olandese Klaas Dijkhoff. “Con i muri si generano solo illusioni”, ha evidenziato Alfano, che è tornato alla carica sulla necessità di rivedere il regolamento di Dublino. E’ “inaccettabile” l’idea di risolvere i problemi “sulle spalle di altri Paesi”, ha affermato De Maiziere. Mentre Cazneuve – risentito dai controlli alle frontiere imposte dal Belgio per lo smantellamento della ‘Giungla’ di Calais senza preavviso – ha detto “no alle politiche che mettano in difficoltà la Grecia”. «I Paesi europei devono intensificare il trasferimento dei richiedenti asilo da Italia e la Grecia e il loro re-insediamento dalle zone di conflitto e i paesi confinanti», dice il commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks, cheritiene necessario che i Paesi europei adottino per far fronte alla situazione sempre più drammatica dei rifugiati. «I Paesi europei chiudendo i loro confini ai richiedenti asilo stanno affondando in un circolo sempre più vizioso» afferma Muiznieks.