Parisi: “Altro che moderati, a Milano serve una rivoluzione. Garbata”
Di cosa hanno bisogno i milanesi? «Per esempio di una amministrazione digitale per risparmiare tempo e denaro. E serve di più alle imprese per non essere strangolate dalla burocrazia». Un sogno. «E chi lo dice?». Non c’è in nessuna città. «Non vuoi dire che sia difficile da fare. Su Amazon trovi il tuo profilo, i tuoi dati, l’elenco dei tuoi acquisti, il tuo sistema di pagamento». E se accadesse lo stesso sul sito del comune? «Un milanese troverebbe la situazione anagrafica, delle sue tasse, delle sue multe, delle sue pratiche… Nel rispetto della privacy. Stefano Parisi è nato a Roma nel 1956, è stato City manager di Milano, fino a pochi giorni fa era leader di Chili TV, l’azienda che ha fondato (prima in Italia) per la distribuzione dei film in streaming, ricorda “Libero“.
La «disfida dei manager» con Sala si carica di scintille.
Un fotogramma per raccontare il giovane Parisi? «Giacca di velluto a coste, cravatta, copia de l’Avanti! infilata in tasca» Fai parte della generazione di giovani socialisti di Enrico Mentana… «Enrico lo ricordo benissimo, uno dei leader nazionali. E con lui Boselli e Villettì. Enrico aveva una particolarita…». Quale? «Noi giovani eravamo di sinistra. Io ero un lombardiano, nel senso di Riccardo Lombardi, amatissimo leader della sinistra socialista». E Mentana? «Era – rispetto ai parametri dell’epoca – di destra: un autonomista nenniano. L’unico giovane che mi ricordi».
Parisi da giovane era socialista
«Nel ’97 sono stato nominato City manager nella giunta di Gabriele Albertini, uno dei più grandi sindaci di Milano». Ti consideri un tecnico? «Fino a 10 giorni fa». E cosa sei? «Un politico». Che differenza c’è se si fa l’amministratore? «Quando si governa non si può non avere una sensibilità politica e sociale». Eri preparato a una discesa in campo? «Non ci pensavo proprio. Sto trovando un clima straordinario, molto positivo». Il centrodestra è indietro? «Bisogna recuperare la sfiducia, 100 mila voti persi dalla coalizione ai tempi della sfida Moratti-Pisapia». Si può fare? «Certo. Sennò non sarei qui e non avrei abbandonato una azienda di successo». Ti definiresti di “destra”? «Politicamente sono un laico liberale e moderato. Ma di carattere non sono per nulla moderato». Cioè? «Sono molto determinato, tenace nel cercare soluzioni».