Merkel difende le banche tedesche e parte all’attacco di quelle italiane

28 Feb 2016 8:26 - di Redazione

Davanti al mare a ottobre 2010 lui era Nicolas Sarkozy, allora presidente della Repubblica francese, e lei la Cancelliera tedesca Angela Merkel. Con una frase hanno esplicitato il complotto. «In caso di fallimento di un qualsiasi Paese europeo, le banche devono intervenire», sottintendendo, cosa mai messa in discussione prima, che gli Stati potessero fallire e che una crisi del debito sovrano in un paese portasse a fondo con sé pure il sistema bancario. Due eventualità non solo mai prospettate in passato, ma soprattutto di portata destabilizzatrice in scala mondiale già singolarmente, figurarsi combinate fra loro. Come di fatto, ahinoi, è poi avvenuto”, scrive Renato Brunetta su “Il giornale”.

«In caso di fallimento di un qualsiasi Paese europeo, le banche devono intervenire»

La frase detta sulla spiaggia, in altre parole, significava che le banche europee da quel momento, nel calcolare il valore dei titoli di Stato in portafoglio, per fare il loro mestiere avrebbero dovuto scontare il rischio di fallimento dei Paesi emittenti. Quindi svalutare. Quindi ricapitalizzare. Nel frattempo precipitare in borsa e vedere rarefarsi la liquidità, con il relativo credit crunch. Amen! Non è un particolare da poco: questa infausta regola si ritrova pari pari tra i parametri, annunciati l’8 aprile 2011, che le banche europee devono rispettare per superare gli stress test cui sono sottoposte dall’Autorità bancaria europea (Eba).

Tutte le norme europee sulle banche avvantaggiano Francia e Germania

Requisito che, aggiunto agli obblighi di capitalizzazione previsti da Basilea 3 (del 12 settembre 2010), ha portato, come abbiamo vissuto sulla nostra pelle, il settore bancario allo stremo. Attenzione: con effetti diversi a seconda degli Stati. Positivi per le banche tedesche e francesi, che avevano i portafogli zeppi di titoli greci e hanno potuto approfittare dei meccanismi imposti dall’Europa per compensare le perdite; negativi per le banche italiane, che di titoli greci in portafoglio ne avevano davvero pochi. Che strano, poi, che il criterio del valore di mercato valesse solo per i titoli del debito pubblico e non anche per gli altri, per esempio per i titoli tossici. Sarà forse perché di questi ultimi erano piene le banche tedesche e francesi e una previsione in tal senso le avrebbe danneggiate?

 

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