Il suicidio dell’Europa di oggi è come quello dell’Impero Romano

4 Feb 2016 16:59 - di Carlo Ciccioli

Fra il IV° e il V° secolo d.C. L’Impero Romano entrò nella sua fase terminale. Crisi demografica ed economica, autolesionismo ideologico, moralità impazzita ed immigrazione fuori controllo furono i principali tarli che riuscirono a rodere la struttura di uno Stato che da sei secoli reggeva l’intero bacino del Mediterraneo. Il punto di svolta fu nel 378 d.C. con il disastro di Adrianopoli, una sconfitta in cui l’Imperatore stesso venne ucciso da quei Goti cui, pochi anni prima aveva dato asilo in territorio romano in quanto “rifugiati in fuga da una guerra”. Da allora in poi, il destino di Roma, fu segnato (Emanuele Mastrangelo , da “Storia in rete”, che dedica ben tre saggi all’argomento ).
Se uno sostituisce alla parola Impero Romano e alla data del 378 gli anni attuali il quadro macro-storico è assolutamente lo stesso. Allora c’era la grande civiltà romana; in seguito venne la crisi demografica e morale, minata da movimenti religiosi ed ideologici litigiosi e nichilisti, dal rifiuto degli ideali e dei costumi che l’avevano resa grande, da problemi monetari, distratta da divertimenti ed eventi sportivi, coi suoi maschi effeminati e le sue donne non piu’ fertili e finì per schiantarsi sotto la pressione migratoria di barbari stranieri, inizialmente accolti come profughi e poi divenuti padroni di casa.

Una decadenza anche economica

Se poi si esamina la crisi economica anche allora si innestò una spirale che ricorda paurosamente la situazione attuale: man mano che i mezzi di sussistenza delle popolazioni dell’Impero si assottigliavano calava anche la popolazione e il calo della popolazione minava ancor più l’economia e lo Stato Romano non rispose se non aumentando le tasse. Per quanto riguarda la denatalità lo storico Massimo Introvigne che a fiaccare Roma fu soprattutto la diffusione dell’aborto e di vari pratiche di contraccezione per impedire le allora molto frequenti morti delle puerpere per setticimia da parto. Molto probabilmente si trattò di una serie di fattori concomitanti tra cui l’infiacchimento generale della popolazione che si era definitivamente allontanata dai suoi crismi fondanti, tra i quali la realizzazione dell’individuo attraverso la fondazione di una nuova e numerosa famiglia. La donna a Roma era tanto più stimata quanto più era madre prolifica, la diffusione durante l’Impero di forme di “emancipazione femminile” portò come conseguenza diretta proprio la diminuzione delle nascite. Già l’Imperatore Augusto aveva cercato di porre rimedio al calo di fertilità delle donne romane con leggi più stringenti e anche incentivi: alla terza gravidanza la donna poteva essere emancipata dopo la morte del padre. Corruzione, intrighi, rammollimento dei costumi e pansessualità, (addirittura l’Imperatore Marco Aurelio Antonino detto Eliogabalo, adoratore del sole, era noto per essere depravato, infantile, empio, crudele,invertito. Eppure vista la luce di una certa morale in voga oggi, Eliogabalo assume contorni di un campione dei “diritti civili ante-litteram: rottamatore, femminista, pacifista, gay friendly) fecero dimenticare ai romani i fondamentali della loro civiltà.

La questione demografica

 

Il calo demografico non venne affrontato nelle sue cause profonde: la soluzione che i vertici di allora, come quelli di oggi sembra aver prediletto è quella di importare dall’estero le braccia che mancano all’interno. Ma quella che doveva essere un’integrazione ordinata e programmata nell’Impero , divenne una invasione incontrollabile. Soprattutto i Goti, oppressi da funzionari corrotti e ritenendo infine di avere le forze per imporsi, si rivoltarono contro l’Impero. Per anni l’Impero aveva accettato l’esistenza di un vero e proprio Stato nello Stato, come oggi le comunità islamiche, quelle cinesi o di alcune popolazioni dell’Est. Il Retore Temistio celebrò la magnanimità dell’Imperatore Valente di aprire le frontiere, parlando di “uomini contro bestie”, i primi favorevoli all’accoglienza, i secondi feroci verso coloro che “qualcuno chiama anche barbari ma che sono pur sempre esseri umani”. Pare di ascoltare l’eloquio forbito di Matteo Renzi. Ma per quale motivo un virile guerriero barbaro avrebbe dovuto abbandonare i propri costumi per abbracciare quelli di un Impero moribondo, decadente ed effemminato? La grandezza morale di Roma ( come quella dell’Europa oggi ) era una rendita di posizione ormai esaurita. Roma non poteva far altro che trattare ogni volta al ribasso.

Il fallimento delle politiche di integrazione

L’integrazione dei barbari nell’Impero romano non funzionò. L’idea di impiegarli per risolvere i problemi demografici di Roma si rivelò non solo fallimentare ma suicida perchè nel frattempo Roma era diventata una pallida larva di ciò che era stata. Temistio lodò l’integrazione dei barbari nell’Impero, affermando che essi sarebbero diventati “i nuovi romani”, proprio come oggi affermano gli esponenti del Partito Democratico in Italia parlando di “nuovi italiani”. In particolare nel Discorso XVI Temistio afferma che “la vittoria della ragione dell’umanità è questa: non distruggere, ma rendere migliori coloro che ci hanno recato pena. Prendete ad esempio i Galati che vivono nel Ponto. Penetrati in Asia con la forza delle armi si insediarono nella terra che abitano tuttora. Quando le loro colpe vennero perdonate essi divennero parte dell’Impero ed ora non c’è più nessuno che vorrebbe definirli barbari: tutti li chimano romani perchè il loro modo di vivere è identico al nostro, pagano le tasse e fanno il servizio militare come noi, sono governati dagli stessi magistrati e obbediscono alle stesse leggi degli altri sudditi. Così presto vedremo accadere per i Goti”. Era il 382 d.C. , nel 410 i Goti guidati da Alarico metteranno al sacco Roma e distruggeranno la città. A tutt’oggi gli storici non hanno ancora risolto il dubbio se questo Timistio scriveva così per eccesso di ruffianeria verso l’Imperatore o per sincera convinzione filo-immigrazionista ed integrazionista. Così era accaduto in precedenza anche in Grecia la cui apertura ai “popoli nuovi” portò alla distruzione del Tempio di Demetra ed Eleusi ponendo fine alla millenaria tradizione dei Misteri Eleusini, facendola uscire per sempre dal centro della storia. Che qualcuno nella nostra Europa attuale si faccia carico dell’antica memoria.

(nella foto, “La distruzione dell’Impero Romano”, Thomas Cole. 1836, New York, Historical Society)

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