Hotel, consulenze e viaggi: le spese pazze di Etruria guidata da papà Boschi

13 Feb 2016 10:23 - di Redazione

Dopo la sentenza che ha dichiarato insolvente la vecchia Banca Etruria, ci sono all’orizzonte nuovi guai giudiziari per Pierluigi Boschi, papà del ministro per le Riforme Maria Elena. A voler approfondire la vicenda ora dal punto di vista penale è la procura di Arezzo e l’ipotesi su cui lavorano i magistrati guidati dal procuratore Roberto Rossi è quella di bancarotta fraudolenta. I numeri sono da capogiro: 17 milioni di euro per 56 consulenze in tre anni, finanziamenti spesso senza nessuna garanzia quando il bilancio della banca era già profondo rosso. Non solo,  per un semplice parere versati 50mila euro. Come si legge sul Corriere della Sera, la nuova indagine  si concentra sui componenti degli ultimi due consigli di amministrazione. Sott’inchiesta c’è l’azione dell’ex presidente Lorenzo Rosi e i suoi vice Alfredo Berni e Boschi che sono stati in carica da maggio 2014 a febbraio 2015, ma a finire sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati è anche l’operato del precednete Cda guidato da Giuseppe Fornasari.

Banca Etruria: i numeri degli sprechi

Gli allegati alla relazione del commissario liquidatore Giuseppe Santoni  dimostrano numeri alla mano gli sperperi effettuati da Banca Etruria. Sono tanti gli incarichi che gli ispettori di Bankitalia  hanno definito come “inutili”. Tra questi, per esempio, ci sono quelli affidati per studiare la fattibilità  di una “fusione” che invece non è avvenuta, nonostante Banca popolare di Vicenza avesse presentato un’offerta. Per seguire meglio il percorso dei soldi di Banca Etruria i magistrati hanno coinvolto nelle indagini anche gli investigatori del Nucleo Tributario.

Studi legali, banche d’affari e professionisti

A finire sott’osservazione degli ispettori di Bankitalia ci sono avvocati, banche d’affari e molti professionisti: sarebbero stati pagati  più di quanto pattuito, perché a volte mancano le delibere e a volte perché  hanno svolto  incarichi identici a quelli  dati a funzionari interni della banca Etruria. Il Corriere cita tra i casi più eclatanti quello del professor Enrico Laghi. «È stata pagata una fattura – scrivono gli ispettori – di 50mila 752 euro. Oggetto della consulenza è un parere sulla contabilizzazione dell’operazione Palazzo della Fonte.  Non rinvenuta nessuna specifica delibera in quanto i verbali del Cda fanno riferimento a un parere espresso da Laghi ma non riportano le somme da corrispondere per tale attività. Nella pratica non è presente il contratto o l’incarico. L’attività di consulenza si è concretizzata in un unico parere datato 14 marzo 2014».  Inoltre, per ogni nuova iniziativa o per ogni nuovo  progetto  si dava l’incarico a società esterne, nonostante  la banca  avesse strutture interne specializzate. E così, per esempio, alla “Jci Capital Limidet” nel 2013 è stato versato un milione  e 851mila euro.  Nella relazione finale sono evidenziate le “anomalie”: «Due fatture di 484mila euro e un milione  331mila euro sono relative all’assistenza per l’operazione di aumento di capitale. La fattura di 36mila euro è invece relativa prestazioni per assistenza per emissione prestito obbligatorio subordinato del 3 luglio 2014.  Quest’ultima non risulta conferma  alla delibera…».

Le missioni all’estero e alberghi

A rendere interessante la vicenda ci sono anche le spese per hotel e missioni all’estero. Per  esempio alla “Cosman srl” sono stati pagati «85mila euro per una consulenza su aspetti di business internazionale, in particolare in Kazakistan  e Kirghizistan». E ancora le spese  di circa 50mila euro per i soggiorni in albergo di società di revisione come Kpmg che dalla banca in tre anni ha ottenuto pagamenti di quasi tre milioni di euro.

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