Franco Mugnai: dalla dolorosa pagina delle foibe una lezione di italianità

10 Feb 2016 8:11 - di Elsa Corsini

«Oltre la memoria, recuperata dopo un lungo oblio, non dobbiamo smettere di divulgare, raccontare, testimoniare la verità drammatica dell’esodo giuliano-dalmata e delle foibe, che per troppi anni è stata ignorata da una storiografia faziosa e sepolta sotto i colpi dell’ideologia». Nel Giorno del Ricordo, a dodici anni dalla sua istituzione, il presidente della Fondazione Alleanza nazionale, Franco Mugnai punta l’attenzione sui sentimenti di dignità nazionale e di difesa dell’identità italiana che derivano da quella pagina vergognosa.

Oggi la parola foiba non è più un tabù 

Vede, alla fine degli anni Sessanta ho conosciuto tanti esuli, che portavano viva sulla loro pelle la dimensione di quel dramma. Mai a nessuno di loro ho sentito pronunciare parole d’odio. Ho sempre sentito solo parole d’amore per l’Italia. Ecco è questo l’insegnamento più grande che ci viene da quella pagina di storia e di odio. Per i familiari degli infoibati e gli esuli superstiti, colpevoli solo di essere italiani, è una ferita ancora viva non solo nel ricordo, ma anche nella carne, nel sangue. Difficile non commuoversi di fronte a tanto dolore e a tanto odio, non solo quello titino, ma quello che si è manifestato nel lungo dopoguerra negando cittadinanza morale a questi nostri fratelli.

Oltre all’oblio, gli italiani hanno dovuto convivere con interpretazioni distorte,  per decenni è stato raccontato che le vittime delle foibe e della repressione jugoslava erano solo fascisti…

Purtroppo per decenni si è accettata la vulgata titina per cui tutti gli italiani erano collusi col fascismo e quindi da considerare nemici e da perseguitare in ogni modo. E invece la pulizia etnica e ideologica scatenata da Tito (con l’assenso di Togliatti) non risparmiò nessuno. Tra quegli italiani c’erano antifascisti e partigiani con la sola colpa di essere italiani.  Si è trattato di un vero e proprio genocidio per cancellare ogni traccia di italianità da quelle terre, che storicamente e culturalmente sono italiane.

È stata la destra a farsi carico di quella memoria perché diventasse un’esperienza condivisa da tutto il popolo italiano

Il fatto che il dramma vissuto dagli “italiani dell’Est” non sia finito totalmente nell’oblio si deve all’impegno del Msi e di Alleanza nazionale. Ma l’istituzione del Giorno del Ricordo è stato un successo della nazione nella sua interezza, partiti e ideologie non c’entrano anche se ancora oggi, in alcune frange delle sinistra,  c’è qualcuno che ha nostalgia dei conflitti e degli anni in cui i manuali di storia definivano le foibe come “cavità carsiche”. Il silenzio è finalmente rotto, ma c’è ancora molto da fare: oggi l’Italia ufficiale e istituzionale tradisce quasi un complesso e non va oltre qualche stanca commemorazione, qualche corona e pochi minuti sui tg.

Che senso ha nel 2016 celebrare gli esuli del confine nord-orientale? Che insegnamento si può trarre?

La lezione più alta sta nella scelta delle popolazioni dell’Istria e della Dalmazia di non tradire l’Italia, di scegliere, anche a costo della vita, la terra patria, le radici profonde. E di farlo con una coscienza di popolo: scelta di coraggio, scelta corale. Al contrario, purtroppo, di quanto avviene oggi in un’Italia minacciata dalla scomparsa dell’identità, dalla globalizzazione, dai flussi migratori si sceglie la strada individuale dell’espatrio, la soluzione personale che risponde alle proprie realizzazioni personali. Si va all’estero, si fugge dalla patria.

 

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