Dopo il crollo del comunismo la Russia ha riscoperto le sue radici cristiane

13 Feb 2016 17:42 - di Lisa Turri

Lo storico incontro di papa Francesco con il patriarca ortodosso russo Kirill si inquadra nel contesto di espansione della Chiesa ortodossa sospinto sia dal rinnovato nazionalismo di Putin sia dall’attivismo spirituale del patriarca Kirill, promotore del programma “200 chiese” di cui parla Avvenire in un servizio di Fulvio Scaglione.  “Nel 1988 – scrive – quando fu celebrato il millennio della cristianizzazione della Russia, la struttura della Chiesa ortodossa russa si basava su 67 diocesi, 21 monasteri, 6.893 parrocchie, due accademie teologiche e tre seminari. Oggi le diocesi sono 136, i monasteri 620, le parrocchie quasi 24 mila, le accademie teologiche 5, i seminari 32, più 42 seminari minori, un istituto teologico, due università ortodosse, due scuole teologiche femminili e una miriade di istituzioni educative e assistenziali. Il patriarca Kirill ha potuto anche sfruttare un successo nella diplomazia ecclesiale conseguito dal suo predecessore, Alessio II, del quale era peraltro il più stretto collaboratore: la ricomposizione, nel 2007, dello scisma con la Chiesa ortodossa all’estero, nata all’inizio degli anni Venti come reazione all’ateismo di Stato sovietico”. Un fenomeno che Putin accompagna e incoraggia, a partire da quando nel 2012 viene reintrodotta nelle scuole l’ora di religione. La cristianizzazione del paese è un obiettivo raggiunto? Queste le cifre fornite da Avvenire: “Cresce la percentuale dei russi che si identificano come ortodossi (dal 31% al 72% tra il 1991 e il 2008) ma non quello dei fedeli praticanti. La messa una volta al mese è patrimonio di pochi: l’11% tra gli ultrasettantenni, il 6% tra chi ha meno di trent’anni, addirittura in calo rispetto a qualche anno fa. E solo il 50% circa degli interpellati accetta di definirsi ‘religioso’ o ‘credente in Dio’ “.

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