Sul “doping” Giuseppe Abbagnale non perdona. Neanche il figlio

11 Feb 2016 12:41 - di Silvano Moffa

Quella degli Abbagnale (a sinistra, nella foto della leggendaria impresa olimpica di Seoul) è un storia di famiglia e di sport. Una storia epica, unica, forse irripetibile. Ori olimpici, medaglie , titoli a illustrare un palmarès di vittorie e di imprese a limite della umana sofferenza. Sudore, passione, talento, tecnica, volontà intrise di coraggio in una delle discipline più dure come lo è certamente il canottaggio.  Un gene familiare che si trasmette fra fratelli e di padre in figlio. Giuseppe e Carmine, tesserati per la Canottieri Stabia e allenati dallo zio, Giuseppe La Mura, diventato poi direttore tecnico della Federazione Italiana Canottaggio. Due medaglie d’oro, sette titoli mondiali. Dieci anni di dominio assoluto in uno sport povero, capace però di scaldare i cuori degli italiani quando sul pennone, grazie a un  fascio di muscoli armonioso e d’acciaio, sventola il tricolore. Memorabile la finale olimpica di Seoul del 1988, quando l’equipaggio italiano, tra le urla entusiaste di Giampiero Galeazzi, straordinario telecronista dell’epoca, vinse l’oro costringendo alla resa l’equipaggio inglese composto da Sir Stephen Redgrave, considerato il più forte canottiere della storia , e Andy Holmes. Una impresa epica. Da incorniciare negli annali del canottaggio. Ma oggi, è un altro giorno per Giuseppe Abbagnale. Un giorno particolare. Il giorno di una denuncia coraggiosa e dolorosa. Il figlio Vincenzo, campione del mondo nella stessa disciplina del padre, ha disertato per tre volte i controlli antidoping. Non si può, non si deve. Le regole sono regole. Con il doping non si scherza. E lui, Giuseppe, ora presidente della federazione, deve far valere quelle regole per tutti, tanto più se è suo figlio a infrangerle. “Vincenzo rischia la squalifica, di non andare ai Giochi olimpici di Rio… è stato un immaturo”. Stop. E’ il dirigente che parla, ma anche l’uomo tutto d’un pezzo che non  ammette sbandamenti, indisciplina, scuse rabberciate. Vincenzo cerca di discolparsi dicendo che quel giorno aveva avuto un incidente con la macchina finita su una rotonda. Niente. Tre antidoping saltati sono troppi. Per Papà Giuseppe, una bravata che viola le norme e getta una macchia sull’onore, il prestigio, la pulizia morale della famiglia. Tanto di cappello a Giuseppe Abbagnale. Presidente serio e onesto. Papà da prendere ad esempio. In un mondo dove spesso i padri difendono i figli che sbagliano, il comportamento di Giuseppe fa riflettere. Educare non è mestiere facile per i genitori, con i tempi che corrono. Farlo con la durezza dell’amore può evitare ai figli di commettere sciocchezze.

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