Debito elevato, fuga di cervelli, crescita debole. Ue: Italia vulnerabile
“Il debito pubblico estremamente elevato rappresenta un notevole onere economico e una fonte di vulnerabilità” e “la posizione competitiva rimane debole”. Così le conclusioni dell’esame sugli squilibri macroeconomici dell’Italia della Commissione Ue. “Entrambi gli squilibri sono aggravati dalla persistente debolezza della crescita e della dinamica della produttività”, si legge nel documento. Inoltre, lo “stock dei crediti deteriorati grava sui bilanci delle banche”. Tra i fattori negativi la Ue individua una spesa pubblica in “costante crescita”, sempre più “sbilanciata” a favore degli anziani e sulla quale pesano costi del servizio del debito “molto maggiori” rispetto al resto della zona euro. “Resta pressante – si legge nel documento – la sfida della sostenibilità del debito”: per rispettare la regola del Patto di stabilità “sarà necessario un avanzo primario molto elevato, nell’ordine del 4%”. Tutti questi elementi, si osserva nel rapporto “rischiano di incidere sull’anemica crescita potenziale del Paese”. Da qui la necessità di “attuare pienamente le riforme delle pensioni, specie quella del 2012, e procedere a una “revisione sistemica della spesa a tutti i livelli di governo” che possa accrescerne l’efficienza e renderla più orientata alla crescita. L’abolizione dell’imposta sulla prima casa a partire dal 2016 non è in linea, inoltre, con le reiterate raccomandazioni del Consiglio di spostare la pressione fiscale dai fattori produttivi ai consumi e ai beni immobili”. Nel rapporto della Commissione Ue sugli si sottolinea anche che “non è stato dato seguito” a raccomandazioni specifiche per Paese “quali la revisione dei valori catastali e delle agevolazioni fiscali”. Particolarmente preoccupante è poi la fuga di cervelli dal Paese. Un esodo che può causare una perdita netta permanente di capitale umano altamente qualificato, a danno della competitività dell’Italia. A medio e lungo termine può compromettere le prospettive di crescita economica dell’Italia e anche le sue finanze pubbliche. Secondo lo studio il numero di giovani altamente qualificati che emigrano all’estero è cresciuto rapidamente a partire dal 2010 e non è stato compensato da flussi di italiani, con pari qualifiche, che hanno fatto rientro in patria. E tantomeno – sottolinea il Rapporto Ue – si può parlare di uno ‘scambio di cervelli: molti lavoratori italiani altamente qualificati italiani lasciano il Paese, ma solo pochi cittadini di altri Paesi, dello stesso livello, scelgono l’Italia come destinazione.