Daria Bignardi a RaiTre in quota Renzi: nonostante i flop e i cagnolini di Monti
«Matteo, ma come sei dimagrito! Ma sai che non sei cattivo. Però tua moglie è bellissima…». Se sul web la chiamano GnéGné, un motivo ci sarà. Con quel mix di finto buonismo e di zuccherosa cattiveria, condita da dolci amicizie e dalla giusta dose di intimità alla politica che conta, Daria Bignardi è approdata diabeticamente alla direzione di RaiTre, premiata con un doppio salto della poltrona: era uscita dalla Rai nel 2014 e lì è tornata, come direttore, dopo il clamoroso flop con chiusura anticipata delle sue “Invasioni barbariche” su La Sette, nel 2015. In Italia funziona così. Sei in Rai ma te ne vai alla concorrenza sfruttando un’ottima offerta economica, poi il tuo programma funziona così male che quella rete te lo chiude e tu a quel punto torni in Rai, per un posto migliore di quello che avevi lasciato, ovviamente. Come era accaduto a Cristina Parodi, moglie del renzianissimo Giorgio Gori.
Il renzismo della Bignardi coccolosa
Renzi, a proposito: che c’entra con la Bignardi? Bè, a giudicare dal fatto che l’ha avuto più ospite lei in tv che la suocera a Natale, forse qualche motivo c’è se il direttore generale Campo Dall’Orto ha scelto proprio la Bignardi per Rai Tre, insieme a tutti gli altri esterni filo-Pd. Per esempio, fu proprio da lei che Renzi chiese a Enrico Letta di stare sereno: «Io a Palazzo Chigi? Solo passando dalle elezioni, non attraverso inciuci di palazzo». Poi, nella nuova serie delle Invasioni Barbariche, la Bignardi volle proprio Renzi per la prima puntata. Fu una intervista così dura, così cattiva, così coraggiosa che al confronto Emilio Fede con Berlusconi avrebbe fatto la figura di un torturatore di Guantanamo. Era – per capirci – l’intervista del “sei dimagrito, porti le lenti, tua moglie è bellissima, non sei cattivo, come hai festeggiato i 40 anni”.
Ma cattivissima con i grillini figli di fascisti
Daria, in effetti, se le stai simpatico, ti tratta con i guanti. Pure col guinzaglio, se serve. Come accadde con Mario Monti, suo ospite nel momento di massima impopolarità (cioè, subito), al quale fu messo un cagnolino in braccio, il povero Empy, tentando una catastrofica operazione-simpatia naufragata nelle urne e forse nello studio di uno psico-veterinario. Ma se alla Bignardi stai sugli zebedei, allora sono guai. Se ne accorse il povero grillino Alessandro Di Battista, che fu accusato da Daria di essere figlio di un padre fascista. La stessa domanda, sul padre indagato – affaruccio forse un po’ più grave – non fu rivolta a Renzi, per una stana dimenticanza. Del resto la Bignardi sembra renziana anche nelle parentele visto che il marito Luca Sofri, figlio del più noto Adriano, è da tutti considerato una delle punte di diamante di quel circoletto di pensatori-giornalisti tanti cari e teneri col premier. Nulla di male, se però non ti becca Marco Travaglio, col suo giornale, e ti filma mentre tu, autore delle Invasioni Barbariche e marito della conduttrice, non accogli in studio Renzi chiamandolo “capo”, come da impietoso video seguente.