Macedone arrestato in Veneto, reclutava terroristi per l’Isis (video)
I carabinieri del Ros hanno fermato a Mestre, su disposizione della procura di Venezia, un cittadino macedone indagato per arruolamento con finalità di terrorismo, anche internazionale: l’uomo avrebbe reclutato aspiranti mujaheddin che un imam bosniaco avrebbe successivo radicalizzato, arruolato nell’Isis e avviato verso i teatri di guerra mediorientali. Il provvedimento di fermo e perquisizione del macedone scaturisce da elementi raccolti nell’ambito dell’attività investigativa svolta dal Ros per il contrasto del radicalismo di matrice islamista. In particolare, il monitoraggio dello straniero fermato ha appunto consentito di verificare come questi fosse dedito alla selezione e al reclutamento, in Italia, di aspiranti terroristi, che venivano poi affidati all’imam bosniaco che si occupava del loro arruolamento tra le fila dell’Isis e del loro espatrio verso le aree di guerra. Dallo stesso contesto investigativo sono anche state raccolte le informazioni che avevano portato, tempo fa, all’espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo, da parte del ministro dell’Interno, dei cittadini macedoni Arslan Osmanoski e Redjep Lijmani, mentre il decreto a carico del marocchino Jaffar Anass non è stato eseguito in quanto l’uomo si troverebbe in Marocco. Il cittadino macedone si chiama Ajhan Veapi, domiciliato ad Azzano Decimo (Pordenone), nella frazione di Tiezzo. Lo comunica l’Arma dei Carabinieri. Veapi è indagato arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270 quater c.p.). Secondo gli investigatori, l’uomo era in procinto di lasciare l’Italia per raggiungere la Serbia e, successivamente, la Germania.
Il macedone era molto attivo come predicatore
Ajhan Veapi era «uno dei reclutatori Isis tra i più attivi dell’Italia del Nordest» il procuratore aggiunto della Procura di Venezia Adelchi Ippolito che guida l’indagine sul fermo del macedone. Ippolito ha confermato che l’attuale inchiesta ha preso il via dalle indagini relative all’allontanamento dalla sua casa di Ponte nelle Alpi, assieme a suo figlio di 2 anni, alla fine del 2013 dell’imbianchino Ismar Mesinovic bosniaco morto nel corso di un combattimento in Siria nel gennaio 2014. Ippolito ha ricordato che il Ros aveva accertato l’attività di “predicatore mediatico” di Jaffar che aveva pubblicato sui social network una sorta di inno dedicato all’italiano Giuliano Delnevo da lui definito martire per essere morto in territorio siriano. Da parte sua il comandante generale dei Ros Giuseppe Governale esclude che Ajahn Veapi fosse una cosiddetta cellula dormiente. «Con questa indicazione – ha precisato l’alto ufficiale – ci riferiamo a quanti vanno ad addestrarsi all’estero, soprattutto in Siria, vengono istruiti e poi ritornano nei loro Paesi continuando a svolgere una vita apparentemente normale. Sono personaggi però pronti a muoversi e ad entrare in azione quando ricevono precise disposizioni. Veapi non era certo uno che passava sottotraccia. Pur non avendo un lavoro ufficiale era sempre in movimento con molti interessi anche all’estero». Il tipo di proselitismo messo in atto dal macedone, secondo i militari del Ros era di tipo territoriale. «Diverso cioè – ha sottolineato Governale – da quello attraverso il web operato dai jhiadisti fermati a Merano nel novembre scorso. L’attività di convincimento di Veapi passava attraverso i centri di preghiera che nella maggior parte dei casi sono legittimamente dedicati appunto alla preghiera ma in altri possono nascondere cittadini fragili che possono essere plagiati passando da islamici a islamisti. Gli investigatori chiedono sempre la collaborazione dei responsabili dei centri che spesso la offrono ma in alcuni casi no».