La Cirinnà costerà molto cara a Renzi: i cattolici dicono addio al PD
Matteo Renzi non ha l’intralcio di una cultura politica – e di una Chiesa solida – che invece avevano nella Dc di De Gasperi e Dossetti, di Mattei, Moro e Fanfani. Non ha l’impiccio di grandi principi che possono ostacolare la sua azione e il suo potere. Renzi è un cattolico light, professa la «politica del fare» (come ripete sempre Crozza) e una fede «politically correct», relegata alla vita privata e quindi culturalmente e politicamente irrilevante, scrive Antonio Socci su “Libero“.
Renzi non ha l’intralcio di una cultura politica (e di una Chiesa solida)
Più che l’utopia evangelica di La Pira ricorda la brillante facondia di Leonardo Pieraccioni. Nel popolo del Family day si dice che il cattolicesimo di Renzi resta a livello di «etichetta» non di etica, perché un’etica politica poi pretende di determinare i contenuti dell’azione e di non tradire i propri valori, Monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, ha dato voce al pensiero di tanti cattolici: «Abbiamo un Presidente del Consiglio che si reputa cristiano, ma sinceramente non so cosa gli sia rimasto di cristiano quando gli sento fare certi ragionamenti. Oggi molti si dicono cristiani senza più esserlo e questo è il vero pericolo della nostra società». Con «l’operazione Cirinnà», Renzi non ha solo acceso le polveri degli oppositori di Sinistra, ma di fatto è ufficialmente entrato in guerra con i cattolici.
Family day lo aveva avvisato: «Renzi ci ricorderemo».
E infatti oggi annunciano battaglia pure contro il referendum costituzionale di ottobre, quello dove Renzi si gioca il suo futuro politico. Massimo Gandolfini, portavoce del Family day, lo ha dichiarato: «Voteremo no». E ha sfidato Matteo ad andare davvero nelle parrocchie – come ha detto – a spiegare la sua posizione sulle unioni civili e le riforme: «Si confronti con noi. Finora si è rifiutato di farlo». La legge Cirinnà apre un caso esplosivo per i cattolici. Non solo per i profili di incostituzionalità o per le assurdità di certi suoi articoli. Ma anche perché è stata promossa da politici cattolici. C’era di mezzo l’autorevolissimo documento di Giovanni Paolo II e Ratzinger del 2003 che – a proposito di «progetti di legge favorevoli alle unioni omosessuali» tuonava testualmente: «Il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge. Concedere il suffragio del proprio voto ad un testo legislativo così nocivo per il bene comune della società è un atto gravemente immorale».