Cgil in piazza per i gay. Quarto stato addio, arriva l’ora del terzo sesso
Ci mancava solo la Cgil in piazza a Roma il prossimo 5 marzo sulle unioni civili. Forza evidente della causa gay, che ha fatto dimenticare in un attimo i pensionati al minimo, i milioni di disoccupati, sottoccupati e lavoratori in nero che non arrivano all’ultima settimana del mese, i giovani parcheggiati nelle università e tutto quanto Susanna Camusso srotola a mo’ di bandiera ad ogni Primo Maggio o in qualsiasi occasione si presenti buona per certificare l’esistenza in vita di un sindacato sempre più grigio ed imbolsito. E forse è proprio la consapevolezza di rappresentare sempre meno nelle categorie del lavoro che ha consigliato alla leader della Cgil di sposare senza riserve la causa dei “diritti” degli omosessuali. Bandiera rossa addio, tanti saluti al Quarto Stato di Pellizza da Volpedo e fiocco arcobaleno sul balcone in onore del terzo sesso. I tempi cambiano, i gusti pure. Quel che resta immutata è l’incapacità della sinistra, di cui l’organizzazione guidata dalla Camusso è magna pars, a guarire dalla «malattia infantile dell’estremismo». L’inseguimento di ogni tendenza e il terrore del sorpasso su temi alla moda la sospingono verso un’acritica adesione alla modernità i cui nefasti effetti si vedono solo a distanza di anni. Tutto ciò, per una certa sinistra, rappresenta una pulsione inarrestabile. Adesso è l’ora dei gay come qualche tempo fa era quella dei pavesini e ogni sincero militante deve inzuppare il biscottino democratico nella tisana della causa omosex. La Cgil si adegua e scende in piazza in nome di quei “diritti”che ormai non si negano a nessuno, come i famosi sigari di Churchill. Tranne, ovviamente, a quelli che in piazza, a reclamarli, non possono scendere e che neppure votano come i bambini. Ma su questo la sinistra ammetterà di aver sbagliato solo tra vent’anni. Anche qui, come da copione.