Cinquant’anni fa moriva Buster Keaton, l’acrobata triste del cinema
Faranno cinquant’anni domani, 1 febbraio, che il cinema è costretto a rinunciare a uno dei suoi più grandi maestri e incredibili pionieri: Buster Keaton. Una assenza che si fa sentire, quella dell’ingegnosa star del muto dalla mimica stralunata e dal talento acrobatico, a cui il mondo rimprovera affettuosamente e da sempre un solo difetto: essere contemporaneo di Charlie Chaplin, suo grande rivale. Anche se in realtà i due grandi maestri del cinema – all’epoca del loro esordio ancora ai primi passi – pur avendo artisticamente viaggiato su binari paralleli, hanno rappresentato e offerto in contemporanea due diversi modi di intendere la settima arte declinata al gusto di strappare una risata (più o meno amara). Agendo in un universo di celluloide in cui regna l’assurd,o e dove l’incubo quotidiano generato dalle paure umane ha quasi sempre la meglio, Keaton; operando alchemicamente in uno scenario che ha la crudele realtà sociale sullo sfondo, o la sua poetica trasfigurazione, Chaplin. Entrambi – al di là della letteratura che li vuole eterni rivali – imprescindibili strumenti in mano al talento magistrale e all’arte.
Buster Keaton, maschera comica, anima impenetrabile
Una personalità impenetrabile e struggentemente ironica, quella di Buster Keaton, a dispetto delle scelta della cifra comica che ha marchiato a caratteri di fuoco la sua opera cinematografica sin dagli esordi. “Un uomo può tenersi lontano da tutti, ma non può sfuggire a se stesso”, dichiarò nel settembre del 1965, a poco dalla sua morte, dal palco della Mostra veneziana dove era andato ad accompagnare la presentazione di Film, di Samuel Beckett, diretto da Alan Schneider e da lui interpretato. Cinque mesi dopo quella lapidaria attestazione Buster Keaton moriva, a settant’anni, stroncato il 1 febbraio del 1966 da un tumore ai polmoni, poco dopo la fine delle riprese del suo ultimo film, Dolci vizi al foro. La moglie, alimentando le leggende accreditate sul suo conto, raccontò che l’attore morì inconsapevole di essere un malato terminale, e dopo aver giocato a carte con i suoi amici: un episodio (dal sapore davvero cinematografico) confermato anche nel documentario datato 1987, e firmato a quattro mani da Kevin Brownlow e David Gill, intitolato Buster Keaton: un genio difficile da imitare.
Un acrobata dal volto scolpito nella pietra
Un acrobata dal volto scolpito nella pietra: questo è stato soprattutto Buster Keaton, che nel corso della sua intensa vita ha anche spesso raccontato di essersi fracassato ogni osso del corpo. E come emblema vivente e recitante dell’uomo medio in lotta per la conquista di un suo posto contro una società ostile, senza mai riuscire a sfuggire a se stesso, l’inimitabile “faccia di pietra” di Buster Keaton parla ancora oggi, e con sempre maggiore chiarezza. Anche se la splendida fotografia dei suoi film è davvero tanto offuscata dal deterioramento chimico della pellicola, e anche se il virtuosismo tecnico dell’attore americano è ormai superato da quello digitale e tecnologico degli effetti speciali. Ma quel suo geniale umorismo, pronto a esplodere su un volto instancabilmente impenetrabile, l’originalità delle sue gag assurde e l’intramontabilità della sua maschera di uomo e di attore, non potranno mai essere soppiantate da nessun prodigio informatico. Mai.