Supermercati in sciopero. Appello della Camusso: “Non fate la spesa natalizia”
Tempi duri per i lavoratori. Anche di quelli che un lavoro ce l’hanno. Ma tempi ancor più duri per i sindacati. Non era mai accaduto che per solidarizzare con chi sciopera, giustamente, per ottenere il rinnovo di un contratto che manca da due anni, ci si rivolgesse agli utenti, per l’esattezza ai consumatori. Stiamo parlando della protesta dei dipendenti dei supermercati. Il segretario della Cgil, Susanna Camusso, da qualche giorno preme sullo stesso tasto, chiedendo ai consumatori di astenersi dal fare spesa in segno di solidarietà con i lavoratori del settore. Dietro il disperato appello, che presenta qualche elemento di singolarità, un motivo c’è: il timore che, per soddisfare comunque la clientela, si ricorra ai lavoratori interinali. Insomma che il danno economico per l’impresa provocato dallo sciopero possa essere attutito dal ricorso temporaneo ad altre braccia. E qui la riflessione si fa più ampia ed articolata. I lavoratori del settore della grande distribuzione scontano purtroppo gli effetti perversi di una crisi che è più lunga di quanto si potesse immaginare. Non solo. C’è altro da considerare. Come le contraddizioni di un sistema lavoristico che, gradualmente, sta annullando tutele, diritti e garanzie. E’ il segno evidente di una debolezza del sindacato che, nel complesso, non è riuscito ancora a proporre un modello di organizzazione del lavoro e di relazioni in grado di mantenere un soddisfacente equilibrio tra le parti in gioco, quella datoriale e quella subordinata. Ma è anche il segno di una innegabile contrazione dei consumi di cui soffre la nostra economia. Che non trova, nonostante le chiacchiere renziane, ancora una via di uscita dalla terribile stagnazione in cui è da troppo tempo imbrigliata. Protestare è giusto. Invocare solidarietà a favore di chi mostra disagio ed è vittima di questa fase confusa e incerta dei rapporti sindacali, e si trova in posizione di debolezza, è sacrosanto. Ma non basta a fugare le responsabilità. Né a lavarsi la coscienza.