Con l’otto per mille sarà costruito un ateneo nel Kurdistan iracheno
L’educazione come via di riscatto per i profughi. La possibilità di una vita dignitosa per chi è stato costretto a lasciare tutto dalla follia terroristica del Daesh. E una Porta Santa anche nelle terre martoriate dove i cristiani sono profughi e perseguitati. Il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, ha aperto oggi la Porta Santa a Enishke, nel Kurdistan iracheno. L’apertura della Porta Santa è nata dalla richiesta del parroco locale, padre Samir Yousif, una cerimonia a cui hanno preso parte anche i capi della comunità yazida.
Cerimonia di apertura della porta Santa alla presenza di fedeli di ogni religione
“Il parroco – ha spiegato Galantino a Tv2000– ci ha chiesto in modo spontaneo di aprire simbolicamente anche qui una Porta Santa. Papa Francesco ci ha ricordato più volte in questo periodo di preparazione che la Porta Santa non è solo quella delle cattedrali o dei santuari, ma sono tutte quelle porte in cui si entra in storie diverse e faticose come quelle dei bambini, delle donne e degli uomini che abbiamo incontrato qui”. Alla celebrazione dell’apertura della Porta Santa “non hanno partecipato solo i cristiani perseguitati ma intere famiglie di altre religioni – ha notato Galantino – che si sono ritrovate insieme a far festa intorno alla realtà dell’accoglienza e del sentirsi fratelli”. “Entrare in questo villaggio e in questa chiesa – ha proseguito il vescovo – significa entrare in una storia veramente faticosa, significa fare un esercizio di misericordia”.
Un Ateneo cattolico per ripartire e offrire un’alternativa alla violenza
Il segretario della Conferenza episcopale Italiana ha poi spiegato che “tra i tanti interventi che la Cei ha realizzato qui nell’ultimo anno c’è anche la costruzione di una grande Università cattolica sovvenzionata con 2,6 milioni di euro derivanti dall’8 per mille“. “Abbiamo voluto dare a tanti giovani perseguitati fuggiti dalle loro terre – ha spiegato ancora Galantino – la possibilità di costruire qui il loro futuro, di crearsi una professionalità e di non sentirsi persone parcheggiate. E l’università è un piccolo segno. I fedeli italiani devono sapere che attraverso la loro generosità la Cei ha portato i loro soldi fino in Iraq per sostenere i cristiani e tantissima gente perseguitata”.