La denuncia di Povia: «Mi hanno fatto fuori per aver cantato “Luca era gay”»
«Per questa canzone mi hanno chiuso tutte le porte della musica italiana. Tanto per far capire che non decide la gente ma quei trenta-quaranta giornalisti che fanno il bello e il cattivo tempo alla faccia della libertà. Potevo entrare in tutti i circuiti dove vanno quelli che…». Pausa. Appunto, «quelli che…». E in queste due parole c’è la nuova denuncia di Povia, che racconta dal vivo, in un concerto, tutto ciò che gli hanno sbattuto in faccia per aver “osato” cantare Luca era gay, il brano-scandalo, che il politicamente corretto, le lobby e gli “intolleranti democratici” non volevano portasse sul palco di Sanremo.
Povia non si arrende: «Non mi fermeranno»
Sì, perché sulla questione omosessuale non si può avere un’opinione propria. «Per aver affrontato questa tematica al contrario mi hanno sbarrato la strada», incalza Povia, microfono tra le mani e il pubblico che ascolta attento. «Eppure Luca era gay è una storia vera che mi fu raccontata nel 2004. Sono passati più di dieci anni e ancora mi scassano… Sapevo che avrei creato tra la gente una divisione come ogni volta che tocchi una tematica sociale. Ma non sapevo che mi sarei condannato a morte e che mi avrebbero chiuso tutte le porte. Qualche potente mi dice ancora di non cantare più questa canzone alla faccia della libertà di pensiero. Mi hanno detto di non farlo ma io lo farò sempre». E subito dopo inizia: «Luca era gay e adesso sta con lei», accolto da un’ovazione. E sul crocifisso? Sulla sua pagina facebook pubblica una foto con la scritta: «Togliere il crocifisso dalle scuole è un segno di non rispetto verso una cultura di secoli. Sia per chi ci crede, sia per chi non ci crede».